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Gioco patologico: le proposte di AS.TRO depositate in Commissione Affari Sociali della Camera

19 Aprile 2012

Riportiamo nel seguito la relazione depositata dall’Associazione AS.TRO – Assotrattenimento 2007 in Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati all’interno del ciclo di audizion sul gioco patologico che hanno coinvolto le rappresentanze del gioco pubblico.

Il documento originale può essere scaricato direttamente cliccando qui.

Roma, lì 19 aprile 2012

Ill.ma XII° Commissione Affari Sociali – CAMERA DEI DEPUTATI –

Ill.mo On.le Presidente,

Ill.mi On.li Componenti

Oggetto: Indagine Conoscitiva sugli aspetti sociali e sanitari della dipendenza da gioco d’azzardo.
Documento di Assotrattenimento2007 (AS.TRO) – Rappresentanza di categoria dei gestori di apparecchi da gioco a premio (newslot/awp) – aderente a CONFINDUSTRIA SERVIZI INNOVATIVI E TECNOLOGICI – SISTEMA GIOCO ITALIA
 

  1. Premessa

Nel sottolineare l’importanza dell’indagine conoscitiva in corso, finalizzata ad una piena acquisizione di conoscenze, in ordine al fenomeno in oggetto, si anticipa, in forma di dichiarazioni di principio, la posizione dei gestori rappresentati dalla scrivente Associazione.
Il problema del gioco d’azzardo patologico (G.A.P.)[1] merita attenzione in quanto fenomeno insito allo stesso fatto che ai cittadini sia permesso di accedere al gioco di sorte con premio in denaro.
Il fenomeno pertanto esiste, anche in Italia, ma non da oggi, né da quando lo Stato Italiano ha deciso di avviare un rigoroso percorso di tutela della cittadinanza, attraverso il controllo pubblico del gioco di sorte e l’introduzione di un sistema che riconosca liceità ai soli prodotti asseverati e controllati dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.
Si premette che le 369.769 apparecchiature da gioco della tipologia slot-awp, unitamente ai 38.482 videoterminali – VLT, in esercizio effettivo sul Territorio Nazionale, costituiscono il risultato di un percorso istituzionale ultra novennale (peraltro finalizzato alla eliminazione degli 800.000 videopoker, tecnologicamente anarchici sotto il profilo delle modalità di esercizio, nonché sostanzialmente sconosciuti al fisco, che negli anni 2000[2] venivano censiti dal Ministero del Tesoro, Ministro pro tempore il Prof. On.le Vincenzo Visco, come fenomeno di emergenza per l’ ordine pubblico), che ha coinvolto A.A.M.S., investitori accreditati e quotati in borsa, società, aziende  e imprese, con indotto occupazionale raggiunto in ragione di oltre 100 mila addetti (oltre a consentire la non-chiusura di migliaia di pubblici esercizi dediti ad un servizio di somministrazione dichiaratamente insufficiente – da anni – a sostenere gli oneri dell’attività commerciale).
Da sempre, quindi, esiste il problema del G.A.P.[3], ma è corretto impostare -oggi – una riflessione sul ruolo delle pubbliche Istituzioni in ordine al G.A.P., al cospetto di un mercato del gioco che, per fortuna degli utenti, delle casse erariali, e delle capacità di monitoraggio delle Forze dell’Ordine, è, per la maggior parte, collocabile nell’alveo del GIOCO LECITO PUBBLICO.
Sulla base di questa premessa, integrabile con un ulteriore assunto di carattere generale, si declineranno i punti sensibili per un approccio “di sistema” che possa consegnare alla società civile, da un lato, e all’industria del gioco lecito , dall’altro, un percorso rispettoso delle proprie posizioni, ovvero la fruibilità tendenzialmente innocua di un prodotto “pubblico”nell’ambito del diritto costituzionale di fare impresa.
Giova ricordare, infatti, che il giocatore patologico, rappresenta un problema  non solo per la società, ma anche per la stessa industria del gioco lecito, la cui funzione economica, emergente dal combinato disposto delle previsioni convenzionali sottoscritte con A.A.M.S. e delle vigenti normative fiscali e tributarie, non è il “depauperamento”dell’utenza, bensì la sua costante e perdurante fidelizzalizzione al gioco lecito, nell’ambito di una consapevole e responsabile  scelta di spesa, che abiuri l’offerta illegale di gioco, e mantenga sostanzialmente inalterato la propria capacità di spesa.
In luogo del “pronto e immediato ricavo”, infatti, il gioco pubblico,  a percentuali di vincite preordinate per legge, è improntato alla valutazione generale (anche in termini di performance retributiva) dei volumi complessivi di raccolta, i quali non coincidono con la “spesa del consumatore”, ma statisticamente costituiscono la somma tra “servizio acquistato (spesa) e premio -non elevato- periodicamente acquisito a cadenza controllata e poi reinvestito”[4].
Coniando l’espressione che le gambling commissions  anglosassoni utilizzano per evidenziare il danno che il G.A.P. provoca anche all’industria del gioco  lecito, si sostiene che la strada maestra non è quella di “tenere lontano il gioco dalla popolazione”, ma tenere i soggetti affetti da patologia compulsiva “lontano dal gioco lecito”, al fine di preservare l’utilità sociale ed economica di un “gioco di sorte a premio”che lo Stato possa controllare, tassare, gestire tecnologicamente e tecnicamente, attraverso selezionati operatori.
E’ evidente, poi, che la politica potrebbe agevolare la “ristrutturazione”concettuale della funzione del gioco pubblico, istituendo le destinazioni di scopo non derogabili per i relativi proventi erariali, lasciando così al libero e consapevole giudizio popolare la valutazione di accettabilità di una determinata scelta, unitamente ad un più immediato riscontro circa la destinazione delle proprie scelta di spesa.
Altro fattore che contribuirebbe ad una complessiva razionalizzazione sistemica va individuato nell’abbassamento della  c.d“voracità erariale”[5], cui si collega[6]:
–      l’eccessiva proliferazione di nuovi prodotti di gioco senza una preventiva analisi di impatto sulle reali capacità del mercato di assimilarli in armonia con i Territori[7],
–      la massiva capillarità distributiva necessaria per il raggiungimento della totalità della popolazione, in funzione di antagonismo commerciale e istituzionale al gioco non autorizzato[8].
Ribadendo, pertanto, che l’industria del gioco lecito è pronta ad allestire ogni e più utile percorso per partecipare a un impianto regolamentare “di sistema” che si prefigga di “risolvere” (e non già affrontare per esigenze mediatiche contingenti), il problema del G.A.P., si sottolinea la perdurante necessità di concepire il ruolo del gioco pubblico come essenziale presidio a tutela dell’utenza, la quale, se lasciata in balia delle offerte non controllate di gioco, si ritroverebbe al cospetto di situazioni  senza ritorno.
La differenza tra gioco d’azzardo e gioco di sorte lecito, in fondo, è proprio questa: il primo si prefigge scientificamente l’annientamento immediato e repentino della “persona” (intesa come cittadino munito di dignità ), attraverso il suo “pronto impoverimento e simultaneo indebitamento” , cui segue il suo “collocamento in regime di schiavitù morale ed economica”, necessario per distrarre ogni futura capacità reddituale del soggetto.
Il gioco lecito, che per rientrare degli investimenti pianifica bilanci su base almeno quinquennale, spera che il “suo” utente resti tale il più a lungo possibile, in condizioni di vita “le più costanti possibili”.
 

  1. La pubblicità.

All’ordine del giorno, o, per meglio dire, sull’onda dell’emotività, troviamo l’argomento della pubblicità sui prodotti di gioco lecito.
Il tema richiede una didascalica digressione che evidenzi come:
–      non tutti gli operatori si comportino allo stesso modo in ordine alle rispettive campagne pubblicitarie;
–      non tutti i giochi pubblici abbiano identiche necessità promozionali, per ragioni molteplici, legate anche a specifici canali distributivi del prodotto (esempio internet),
–      la pubblicità assolva anche alla funzione di contro-informazione rispetto all’aggressione mediatica che è attualmente in corso contro il gioco, cui si vuole candidamente attribuire il ruolo di rovina-famiglia, senza neppure distinguere tra gioco lecito e gioco illegale (distinzione che concettualmente alcuni si rifiutano persino di acquisire come base argomentativa, a riprova di una fondamentale assenza di laicità intellettuale sull’argomento);
–      la pubblicità assolva anche alla istituzionale funzione di promuovere  la distinzione consapevole tra gioco lecito e gioco non autorizzato – controllato – tassato – verificato.
Esula da questa sede l’individuazione del “messaggio pubblicitario perfetto e moralmente irreprensibile a 360 gradi”. Non irrilevante, invece, la riflessione sul ruolo che si vuole “concedere” alla pubblicità di un prodotto la cui gestione sia pubblica[9].
Si può ragionare su cosa “non debba prevedere” il messaggio pubblicitario, ma chi studia marketing suggerisce di concentrarsi su “cosa debba contenere” un messaggio pubblicitario sul prodotto, stante la facilità di occultare il vietato e collocarlo a livello subliminale, mentre più smascherabile e sanzionabile è l’ omissione delle avvertenze o delle obbligatorie comunicazioni.
I codici di autoregolamentazione che si prefiggono di “elevare” lo standard di cautela – prudenza – sensibilità del messaggio pubblicitario, rappresentano uno sforzo che rischia di essere vano se il contesto mediatico resta quello di antagonismo rispetto al gioco.
Come si può pretendere di regolamentare un profilo se lo si denigra? Prima bisognerà “rivalutarlo”.
 
Più ragionevole, pertanto, proporre una normativa che disciplini la pubblicità del gioco lecito, che parta dalla funzione che si vuole accordare alla pubblicità, la quale non potrà mai prescindere da un predeterminato contenuto informativo asseverato istituzionalmente cui ricondurre il principio di “consapevolezza” del consumatore.
 
Anticipando per un istante alcuni contenuti dei successivi paragrafi, e chiedendo venia per il continuo rimando alla cultura giuridica Anglosassone, si rappresenta quanto segue:
in Inghilterra è previsto che il soggetto – G.A.P. abbia accesso a trattamenti sanitari “riconosciuti”, ma non lo si considera come una “vittima del sistema che gli ha permesso di giocare”; lo si giudica al pari di un soggetto che deve comunque rispondere alla società delle proprie azioni, ivi compreso l’eventuale depauperamento del proprio patrimonio.
Partendo dal presupposto che “quello” Stato informa puntualmente la cittadinanza sui rischi di un accesso irresponsabile al gioco di sorte, ammonendolo che nessuna scusante egli potrà addurre per fallimenti o insolvenze generate da consapevoli inottemperanze agli avvisi di allerta, ecco che si comprende la enorme diversità tra approccio laico al problema, e approccio faziosamente etico allo stesso.
Il sistema sanitario di “quello” Stato, pertanto, non censisce il “depresso”(o l’alcolista), che a causa di tale patologia spende tutto al gioco, ma cura la depressione (o l’alcolismo) e annovera tale incidenza morbosa sul capitolo epidemiologico delle malattie collegate allo stile di vita concesso dalla società. A costui, benefici e conseguenze (esempio  il T.S.O. piuttosto che il ritiro della patente di guida), derivanti dal trattamento farmacologico, sono collegati alla depressione e non al gioco, la cui deriva in patologico, comporterà eventualmente solo interdizione giudiziaria al soggetto di accedere alle sale autorizzate (che in quanto tali devono essere protette da tale utenza). All’industria del gioco sono imposte regole ferree (informazione nel punto vendita, informazione promozionale controllate, controllo professionalizzato di sala, obblighi di allerta a forze di polizia, e di segnalazione ai servizi sociali), al rispetto delle quali scattano le tutele.
E’ chiaro che colmare il “gap” che separa l’Italia da una cultura secolare del gioco di sorte non è impresa facile, ma il percorso deve essere avviato, e la pubblicità deve essere al centro del ragionamento di “sistema”, in forza della sua intrinseca capacità di penetrazione psicologica.
Regolamentare il contenuto del messaggio pubblicitario è quindi necessario per escludere:
–      l’uso incauto e smodato dei testimonials:
–      l’abbinamento tra gioco ed “elevazione” della personalità,
–      l’attenuazione del principio costituzionale del lavoro lecito come percorso di vita prioritario per la creazione della propria indipendenza economica.
e per “notificare” alla società:
–      modalità corrette di fruizione del servizio – gioco pubblico, anche a fine di coinvolgere l’utenza nel “controllo”di tali modalità di fruizione;
–      rischi derivanti dalla inosservanza delle cautele,
–      le conseguenze derivanti dalla fruizione di gioco non regolare;
–      l’esistenza di strutture che possono intervenire per non fare generare il gioco problematico in G.A.P.
–      la destinazione d’uso dei proventi erariali derivanti dalle attività di gioco pubblico,

  1. I dati relativi al G.A.P.

Per gestire un fenomeno occorre conoscerlo, e non si può chiamare malattia ciò che non è studiato e statisticamente censito dall’Istituto Superiore di Sanità, cui compete l’approvazione del relativo protocollo di cura farmacologica[10].
Uno degli aspetti meno “encomiabili” relativo all’attenzione che, in questo momento, si pone al problema del G.A.P. è l’assoluta assenza di scientificità relativamente alle c.d. indagini statistiche o epidemiologiche sul fenomeno[11]. Le fonti a cui si accede per abbozzare dati (tutti di proiezione) non sono aggregate, non sono tutte istituzionalmente riconosciute, non rispondono ad un protocollo unitario e asseverato.
Per l’industria del gioco lecito anche un solo malato di G.A.P. basta e avanza per legittimare uno “step industriale”che si proponga di capire dove “il sistema”deve intervenire per evitare recidive e come curare il soggetto.
Ma se all’industria basta un soggetto, ad altre entità servono numeri per sostenere finanziariamente i propri progetti [12].
La proposta è di assegnare all’Istituto superiore di Sanità apposito incarico per la ricognizione del fenomeno, con specifica attenzione alle c.d. patologie collegate, ovvero facilitanti l’insorgenza “cumulativa” del G.A.P. in capo a soggetto già affetto da altro. Solo tale indagine, infatti, potrà chiarire alla cittadinanza e alla politica (come già successo nei Paesi Anglosassoni), che è il soggetto di un certo tipo che cade nel G.A.P. e non è il gioco lecito a poter far cedere chiunque all’interno di una patologia, evitando così che le strutture sanitarie siano obbligate a munirsi di centri di cura psicologica per assistere persone a patologia principale di natura psichiatrica (o di dipendenza psicotropa o alcolica).

  1. L’Informazione responsabile e la collaborazione con le associazioni dei giocatori.

Un profilo decisivo è quello che può assumere l’informazione, non solo quella pubblicitaria, ma quella strettamente divulgativa, alla quale, al pari di ogni civica condotta, tutta la società e ogni Istituzione dovrebbe seriamente impegnarsi quotidianamente .
AS.TRO, già dal 2007, ha studiato il rapporto tra gioco responsabile e G.A.P., arrivando ad allestire un progetto editoriale (privo di pubblicità e totalmente autofinanziato) appositamente ideato per i pubblici esercizi, distribuito su cadenza mensile, e strutturato secondo semplici messaggi tematici:
–      dati della raccolta,
–      decalogo del giocatore responsabile fondato su scientifiche fonti[13],
–      report sulle attività di contrasto al gioco illecito.
Il progetto editoriale in parola si sostanza nel mensile denominato infogaming, che dal 2008 viene distribuito presso un numero sempre crescente di esercizi pubblici, ad oggi 32.000, nell’auspicio di riuscire progressivamente a coprire l’intera rete di vendita nazionale.
Della validità di tale prodotto, la stessa associazione CONAGGA (già sentita da Codesta Commissione, nel corso dell’indagine conoscitiva) ha preso atto, in un interessante scambio di idee che attualmente è in corso tra le due rappresentanze per organizzare percorsi educativi mirati per i pubblici esercenti.
I punti di contatto tra chi si propone di aiutare i giocatori problematici e chi gestisce gli apparecchi da gioco, infatti, ci sono, e l’onestà intellettuale aiuta a valorizzarli: il coinvolgimento degli operatori professionali nell’attività di monitoraggio nei punti vendita, e l’addestramento degli esercenti per renderli componenti di un “sistema di prevenzione”, sono concreti progetti che dovrebbero essere istituzionalmente assistiti.
AS.TRO premia le aziende di gioco iscritte all’associazione che – a loro spese -distribuiscono l’informazione sul gioco responsabile attraverso la gratuita promozione dell’impresa nel sito istituzionale della categoria. E’ capitato che, anche a livello Territoriale, le municipalità abbiano riconosciuto il ruolo positivo della sensibilità della categoria. Il Comune di Empoli, noto a tutti per il proprio attivismo a favore del controllo del gioco e la sensibilità nei confronti dei fenomeni di gioco problematico, ha revocato l’ordinanza restrittiva nei confronti dell’orario di esercizio delle slot, dopo aver apprezzato – sul campo – l’impegno dei gestori AS.TRO, sia tramite il decalogo del giocatore, sia tramite la collaborazione con il Comune per la realizzazione del “BOLLINO ETICO” per gli esercenti disposti ad essere istruiti per gestire la ludopatia.
E’ quindi importante dare atto che il settore già annovera tentativi di approccio al problema, la cui limitata portata è evidentemente ricollegabile alla carenza “sistemica” dei rispettivi ambiti di intervento.
 

  1. La tutela della legalità e il contrasto effettivo al gioco irregolare.

Si confida di poter esprimere che, sul punto, non esistono margini per l’apposizione di “distinguo”caratterizzati da  ideologici antagonismi rispetto a passate vicende che hanno interessato singoli operatori di gioco, piuttosto che singoli accadimenti attinenti la pubblica gestione del sistema gioco lecito.
Il gioco lecito è l’antagonista del gioco illegale – non autorizzato – non tassato – non controllato.
Se si rinuncia a questo strumento ri-emerge quella illegalità il cui fatturato è stato dimezzato a beneficio dell’Erario in questi ultimi nove anni, e la cui forza di aggressione sarebbe oggi devastante in un Paese dalle capacità di reazione sanzionatoria effettiva non ottimali.
Se tale strumento viene “avversato” a livello di politiche territoriali, a livello mediatico e morale, a livello di legislazione tributaria, il gioco illecito mantiene la capacità di abbassare “la resa”industriale del business lecito, attraverso l’illecita concorrenza che può mantenere in essere, rendendo il comparto pubblico sempre meno dotato di quelle risorse necessarie per affinare il proprio sistema sul fronte della sicurezza generale e specifica per l’utenza.
Se tale strumento viene “tutelato”, allora il “sistema” può investire in modo trasparente per testimoniare l’esistenza di “convergenza di mission” tra l’industria legale e tutte le Istituzioni che si prefiggono di tutelare le fasce deboli della popolazione dal rischio di un accesso non responsabile e non consapevole al prodotto gioco.
 

  1. Conclusioni.

Nel ringraziare la Commissione per l’opportunità accordata alla categoria, si riassumono le principali proposte sulle quali  si auspica un approfondimento, anche ponendo la struttura associativa del Centro Studi ASTRO a disposizione.

  1. 1.    Pubblicità.

Definizione di contenuti essenziali ed eliminazione dei contenuti di mera propensione al gioco.

  1. 2.    Comunicazione Informativa

Obbligatorietà della stessa sia all’interno della pubblicità, sia attraverso campagne curate dal settore con supervisione istituzionale.

  1. 3.    Indagine Sanitaria demandata all’I.S.S.

Acquisizione dei dati e individuazione del rapporto tra patologie o affezioni pregresse e insorgenza di condotte di G.A.P.

  1. Tutela della legalità e contrasto all’illegalità.

Rivalutazione dell’immagine e della funzione del gioco lecito pubblico, con repressione effettiva di ogni fenomeno di elusione o evasione delle regole nazionali vigenti per l’esercizio delle attività di gioco.

  1. 5.    Rivisitazione dell’imposizione tributaria

Abbassamento della voracità erariale e tassazione dell’attività sul net-win.

  1. 6.    Rivisitazione delle procedure di ampliamento dell’offerta dei giochi pubblici.

Introduzione di procedure di verifica di impatto per nuovi prodotti di gioco.

  1. Destinazione di scopo per i proventi erariali derivanti dal gioco pubblico.

 
 
Nel rinnovare stima e gratitudine nei confronti della Commissione Affari Sociali della Camera, e auspicando di aver arrecato positivo contributo all’indagine conoscitiva in corso, si porgono
Saluti Cordiali.
Avv. Massimiliano Pucci
Presidente Assotrattenimento2007 (AS.TRO) – Confindustria s.i.t.
 
 
Firma in originale apposto sull’originale dell’atto protocollato agli atti dell’associazione.
 


[1] La Relazione Annuale al Parlamento, redatta dal Dipartimento Politiche Antidroga, sull’uso di sostanze stupefacenti e sulle tossicodipendenze del 28 GIUGNO 2011, (pag  180 ) adotta la seguente terminologia : il gioco d’azzardo patologico è  un disturbo del controllo degli impulsi  che si connota con una dipendenza patologica “sine sub stantia”, caratterizzata da andamento cronico e recidivante in grado di compromettere lo stato di salute e la socialità della persona affetta da tale disturbo. La sua diagnosi si basa sulla rispondenza ai criteri diagnostici descritti nella Classificazione Internazionale delle malattia dell’organizzazione mondiale della Sanità (ICD-X) e nel DSM-IV-TR dell’American Psychiatric Association. Il gioco d’azzardo “problematico, identifica il gioco d’azzardo compulsivo in cui non si è ancora instaurata una dipendenza, ma a rischio di tale evento, è quindi un comportamento da considerare problematico per la salute, in quanto spesso è evolutivo verso la forma patologica, caratterizzata proprio da dipendenza; persone vulnerabili, i soggetti che per alcune loro caratteristiche individuali di tipo psicofisico hanno maggiore probabilità, rispetto alla popolazione generale esposta al gioco d’azzardo, di sviluppare una dipendenza da gioco.
 
[2] Stralcio dell’articolo apparso sul sole 24 ore .com il 20 dicembre 2000:

Visco: dalle «macchinette» un giro d’affari da 40mila miliardi.
Il videopoker irrompe nell’Aula di Palazzo Madama, alle prese con le votazioni sulla Finanziaria. A lanciare l’allarme su una questione che aveva già impegnato i senatori in accese discussioni è intervenuto direttamente il ministro del Tesoro, Vincenzo Visco, per invitare maggioranza e opposizione a ritirare tutti gli emendamenti presentati e ad approvare le norme più restrittive proposte dal Governo. «I videopoker — ha detto Visco — sono un fenomeno interamente illegale, con un volume di affari cresciuto in modo esponenziale, nel giro di un anno e mezzo, a 40mila miliardi. È una situazione esplosiva che dobbiamo arrestare».L’allarme di Visco è stato consegnato a una serie di dati a dir poco preoccupanti: «Abbiamo raccolto un dossier con le denunce di mogli contro i mariti che dilapidano lo stipendio per giocare, o ragazzi che rapinano negozi per procurarsi i soldi e lavoratori che finiscono nelle mani degli usurai». Una situazione da allarme sociale, dunque, sulla quale si è soffermato anche il ministro dell’Interno, Enzo Bianco, intervenuto anch’egli in Aula: «Su questo business si è concentrata l’attenzione della criminalità organizzata. Il pizzo è pagato attraverso il videopoker. La fascia di consumatori di questi giochi è prevalentemente composta da cittadini deboli».

 

[3] Si chiede venia per la mancata allegazione degli articoli di cronaca risalenti agli anni  2000 – 2001 – 2002 – 2003, illustranti episodi di suicidi a seguito di perdite ai videopoker, rapine in banca per acquisire denaro da spendere a tali congegni illegali, servizi giornalistici sui drammi vissuti all’interno dei Casinò Italiani e di confine, ma lo scopo del presente documento non è la “conta dei caduti” per gioco per stabilire se l’attuale prodotto pubblico sia più o meno pericoloso di ciò che è stato chiamato a sostituire, bensì il contrasto concettuale dell’assunto che individua nel gioco lecito di OGGI la fonte di un male che NON risiede nell’oggetto (il gioco) ma nelle oggettive debolezze della società in cui si vive (e quindi del soggetto), incapace di educare le persone a civico rispetto del senso del denaro e dell’importanza del lavoro come fattore di elevazione sociale universalmente accettato e condiviso.
[4] Il profilo evidenziato rappresenta il fulcro della disinformazione attualmente in atto dal movimento trasversale impegnato ad abbattere l’industria del gioco lecito. Volutamente si divulgano i dati della raccolta come se fossero dati di fatturato, ed erroneamente si accostano i flussi erariali in rapporto al volume della raccolta, omettendo di parametrare la pressione erariale – amministrativa sul netto di gestione.
[5] Prendendo a base si riferimento le awp – new slot, il concetto di voracità erariale è di tutta evidenza: il pay out registrato a livello nazionale è del 75,48% del volume di raccolta; su tale net win del 24,52% del volume di raccolta si abbatte il PREU, e l’Aggio AAMS, arrivando ad una tassazione “preliminare” non sul fatturato ma sull’attività, che già supera il 50% del netwin.
[6] E’ notizia recente quella che proviene dal REGNO UNITO, laddove il Governo ha deciso di modificare  il sistema impositivo sul gioco lecito, tassandolo sul “net win” e non sul volume di raccolta, per incentivare l’aumento delle percentuali di pay out a favore dell’utenza e contrastare, sul fronte dell’appetibilità per il consumatore,  le offerte di prodotto che non pagano le imposte nel Regno Unito.
[7] L’”arcano” va svelato, perché il Parlamento ha diritto di conoscere anche i fondamentali economico-industriali del settore del gioco lecito italiano. L’industria del gioco lecito NON richiede il costante proliferare di nuovi giochi, anzi auspicherebbe nell’esatto opposto, in considerazione della instabilità di mercato e della non pianificabilità degli investimenti che derivano da un portafoglio di prodotti in espansione irrazionale, ovvero senza una preventiva e ponderata analisi di impatto degli stessi sui territori, sulle dinamiche concorrenziali, sulle esposizioni finanziarie dei soggetti industriali chiamati ad allestirli e distribuirli, e senza trasparenti istruttorie tecniche coinvolgenti le imprese di settore.
[8] Ci sia consentito una riflessione pacata ma ferma: se si chiede all’industria del gioco lecito di acquistare 57.000 diritti per  i videoterminali VLT al prezzo di 15.000 euro l’uno, prima ancora di aver pianificato i contorni tecnico-normativi della piattaforma di gioco da remoto, al fine di finanziare la ricostruzione in Abruzzo, gli operatori, dopo due anni di esposizione finanziaria, devono cercare di “mettere a terra” tali congegni (dei quali non hanno mai fatto richiesta, e dei quali nessuna analisi di mercato ha individuato l’esigenza di introduzione così repentina e massiccia).  I 18.000 diritti ancora non tramutatisi in VLT funzionanti testimoniano la necessità di concepire lo sviluppo del settore con un approccio più razionale, ponderato, condiviso dal comparto industriale, e corredato da fasi istruttorie di fattibilità molto approfondite.
[9] Non superflua, poi, anche una riflessione sul ruolo di verità a cui dovrebbe ispirarsi la stampa. In un articolo che si prende ad esempio per il profilo in esame (La repubblica del 14 aprile 2012, pag 23 “Io la mia pensione e la slot machine, vince sempre lei, non riesco a smettere”), si ricava tutto ciò che serve per capire lo scollamento tra informazione e campagna denigratoria, tra faziosità e verità. Il personaggio “pensionato” che viene individuato come prototipo della “bruttezza soggettiva” in cui si cade attraverso il quotidiano gioco delle slot, percepisce un trattamento previdenziale di 980 euro, cui vanno sottratti l’affitto (500 euro) e spese per il mantenimento (pochissime si dice, ma le utenze domestiche non vengono rappresentate come insolute o in stato di morosità). Ecco quindi che per “la opinione” della autorevole testata il sistema dovrebbe fermarsi (o peggio essere messo in stato di accusa) al cospetto di una spesa media settimanale inferiore al cittadino che va allo Stadio tutte le domeniche.
[10] Ovviamente, il Ministero della Salute può prevedere autonomamente ad aggiornare l’elenco delle patologie, come recentemente successo per il “lesbismo ego distonico”, al pari dell’O.M.S. che ha potuto attendere sino al 17 maggio 1993 per cancellare l’omosessualità dall’elenco delle malattie, ma diamo per scontato che l’Alto consesso a cui ci si rivolge abbia a cuore il “sistema” di cura e non solo il “censimento” .
[11] Non è neppure possibile censire tutte queste fonti (Associazioni, enti, sert, agenzia stampa di settore), ma soprattutto giova ricordare che persino il dato estrapolato dalla citata relazione del dipartimento anti-droga, atto Ufficiale della Presidenza del Consiglio, si fonda su rilevazioni evinte dal progetto IPSAD del CNR condotto nel 2007 attraverso il solo strumento del questionario anonimo, ovvero senza alcuna statistica sanitaria. Nonostante tale inquietante profilo, balza agli occhi quanto enunciato a pagina 181 del citato elaborato, laddove il rapporto tra soggetti affetti da alcolismo, depressione, tossicodipendenza, patologie psichiatriche, e soggetti presuntivamente affetti da G.A.P. è tale da  far presumere che non esistano soggetti “sani” ammalati di G.A.P., ma solo soggetti già affetti da altro che nel gioco commettono i medesimi inevitabili errori che in tutti i settori della vita non possono evitare di commettere a causa delle pregresse loro condizioni.
[12] Parliamo di numeri: secondo i dati diffusi dall’autorevole Onlus Società Italiana di Intervento sulle Patologie Compulsive (S.I.I.Pa.C.), il 3% degli italiani soffre di disturbi da acquisto compulsivo, il 5% della popolazione ha disturbi legati a una eccessiva permanenza in Internet, il 6% ha problemi di dipendenza dal sesso (spesso cyberg), ma basta aprire home page del relativo sito per avere il panorama aggiornato (dipendenza da cyber pornografia, dipendenza da cyber sex, dipendenza dalle e-mail, dipendenza da gioco d’azzardo, dipendenza da internet, dipendenza dal lavoro, dipendenza dalla pornografia, dipendenza dai sentimenti d’amore, dipendenza dal sesso, dipendenza dallo shopping, dipendenza dallo sport, dipendenza dal telefonino, dipendenza dalla televisione, dipendenza dal trading on line, dipendenza dai videogames) delle dipendenze comportamentali (e quindi non malattie) per accorgersi a quale sforzo debba andare incontro il servizio sanitario nazionale elevasse a malattia la new addiction, e a quale stadio dovrebbe retrocedere il principio del libero arbitrio, se ad ogni addiction si decidesse di abbinare un decadimento della “responsabilità” del soggetto per le proprie azioni. Assegnando una percentuale “media” del 2.5% della popolazione per ogni addiction, tutte rigorosamente descritte in termini di “ascesa di incidenza”, almeno un italiano su tre ha bisogno di trattamento, pena: blocco dell’affettività, insorgenza di turbe sessuali, compromissione delle capacità di relazione sociale, aridità dei rapporti familiari sino a loro compromissione o estinzione, insorgenza di comportamenti violenti, insolvenza economica, perdita del lavoro, perdita dell’auto-stima, insorgenze di tendenze suicide. Ad avviso di chi scrive occorre un filtro di logica e di razionalità per distinguere ciò che la Politica deve porre in essere per creare una società migliore, ciò che l’industria deve fare per lavorare rispettando utenza e Territorio, e ciò che il cittadino può fare utilizzando il proprio libero arbitrio.
 
[13] Nel dettaglio esaminiamone i contenuti e le fonti.
IL DECALOGO DI AS.TRO: LE 10 REGOLE D’ORO DA RISPETTARE PER GARANTIRSI IL DIRITTO AL DIVERTIMENTO.
*) Che cos’è ? Sono 10 regole semplici che l’esercente deve invitare a far rispettare
**) A cosa serve ?: Per dimostrare che l’eccesso non giova a nessuno e danneggia tutti.
***) Perché adottarlo ? Per difendere il gioco lecito ed evitare nuove tasse per finanziare cure sanitarie evitabili con la prevenzione. Il giocatore che non si riconosce in queste regole potrebbe avere bisogno di aiuto. Aiutalo a non restare solo e convincilo a prendere una pausa di riflessione.
****) Come si fa ad adottarlo ? Mettilo in mostra nel tuo locale e invita gli avventori a prenderne nota, come se fossero istruzioni per l’uso del gioco.

IL GIOCATORE RESPONSABILE

  1. gioca per divertimento, non pensa al gioco come ad un modo per far soldi;
  2. investe nel gioco solo somme di denaro che può permettersi di perdere, non gioca il denaro necessario al vivere quotidiano.
  3. decide quanto tempo dedicare al gioco e non eccede
  4. decide quanti soldi investire nel divertimento, e rispetta la decisione presa.
  5. non rincorre le perdite, accetta l’esito come costo dell’intrattenimento
  6. non chiede soldi a credito per giocare
  7. si assicura di conoscere le regole del gioco e le percentuali di vantaggio del banco
  8. bilancia il tempo che dedica al gioco con altre attività di svago
  9. non gioca per sfuggire alla solitudine od alla depressione, gioca solo per la voglia di giocare.
  10. non gioca se la sua lucidità è alterata dall’alcool o dalle droghe.

 
Fonti scientifiche di riferimento:
International Responsible Gaming Organisation, www.international-responsible-gaming.org
Responsibility in Gambling Trust, www.rigt.org.uk
Gambling Commission, www.gamblingcommission.gov.uk
European Association of Study of Gambling, www.easg.org
Responsible Gambling Council, www.responsiblegambling.org
National Center for Responsible Gaming, www.ncrg.org
European Casino Association, www.eca.org
British Columbia, www.bcresponsiblregambling.ca
 
 
 
 

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