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Tassare il gioco sul netto: tutto ha inizio nel Regno Unito

17 Gennaio 2012

Nell’ottobre del 2001, il Governo inglese decise di riformare il regime fiscale sulle scommesse a quota fissa (cd. “fixed odds bettings”), che rappresentavano circa il 98% della raccolta complessiva delle scommesse nel Regno Unito. Venne così abolita la cd. “General Betting Duty” (GBT), imposta sul giro d’affari, che aveva un’aliquota del 6,75% gravante sul totale delle somme raccolte dalle giocate, ed introdotta la cd. “Gross Profit Tax” (GPT), la cui base imponibile era il margine lordo del bookmaker, ossia la differenza tra la raccolta stessa e quanto residuava nella disponibilità dello stesso allibratore una volta pagate le vincite. L’aliquota di quest’ultima imposta venne fissata al 15%. Altra novità era che ora l’imposta non gravava più sullo scommettitore, ma esclusivamente sul bookmaker stesso.
La Riforma fiscale entrò in vigore il 6 ottobre 2001 e nell’aprile del 2002 la GPT venne estesa anche alle scommesse al totalizzatore e nell’ottobre 2003 anche al gioco del Bingo. Il Governo del Regno Unito voleva, in tal modo, eliminare ogni incentivo al gioco clandestino, e far rientrare in patria quelle società di scommesse che avevano portato la loro sede operativa in Paesi off-shore. La diffusione delle nuove tecnologie informatiche che si era avuta a metà degli anni 90’, e che aveva permesso di effettuare le scommesse via internet, contribuì ad una forte migrazione di agenzie del settore verso mercati più redditizi. Esempio eclatante era stato quello di Victor Chandler, uno dei più importanti operatori del mercato telematico delle scommesse, che nel 1999 spostò la piattaforma per l’accettazione delle stesse nel porto franco off-shore di Gibilterra. Ciò consentiva all’operatore di sottrarsi al regime fiscale pre-riforma vigente in Inghilterra e di offrire così quote più remunerative sulle vincite. In pratica, nel regime di Gibilterra, circa il 3% della raccolta era trattenuto a titolo di commissione per l’attività di intermediazione, in esenzione fiscale, mentre il restante 97% veniva restituito agli scommettitori sotto forma di vincite. Gli operatori con sede nel Regno Unito, dovevano invece fronteggiare una tassazione sul territorio inglese pari, come visto, al 6,75% della raccolta, il che consentiva di restituire in vincite non più del 77%.
L’esempio di Victor Chandler venne seguito da numerosi altri operatori del settore. Dalle statistiche pubblicate dal Dipartimento delle Entrate inglesi (la HM Customs and Excise) è emerso che la Riforma ha avuto gli effetti sperati. Nell’anno fiscale 2000/2001, la raccolta delle scommesse soggette al pagamento della GBD si attestava intorno a 7.1 milioni di sterline, con una entrata fiscale di 487 milioni di sterline (pari ad un terzo del gettito complessivo di tutti i giochi). Tra il 2002 ed il 2005, la raccolta delle scommesse soggette a GPT è passata da 10.1 milioni di sterline dell’anno fiscale 2001/2002 a 44.4 milioni dell’anno fiscale 2005/2006. Il gettito erariale della GPT è sceso, nel breve termine, da 487 milioni di sterline dell’anno fiscale 2000/2001, a 432 milioni del periodo successivo, a 304 del biennio 2002/2003. Nel medio termine, però, si è avuto un recupero delle entrate con una soglia di 443 milioni nell’anno fiscale 2004/2005 e di 433 milioni del periodo 2005/2006. Il minor gettito fiscale nel breve periodo, recuperato però negli anni successivi, è stato così compensato con la crescita della raccolta, stante la discesa dei “prezzi delle scommesse”: nel quinquennio 2001-2006 ad un abbassamento del costo delle giocate di circa il 77% è corrisposto un incremento dei loro volumi di circa il 500%. Lo stesso dipartimento delle entrate inglesi ha riconosciuto che la Riforma introdotta nel 2001 ha portato uno sviluppo del mercato delle scommesse, con un conseguente insieme di benefici, quali: il rientro nel territorio inglese dell’operatività dei bookmaker che si erano spostati in aree off–shore; l’annullamento di ogni incentivo al gioco illegale, favorito dal nuovo regime in cui nessuna imposta grava direttamente sugli scommettitori; la grande popolarità delle scommesse a quota fissa nelle ricevitorie e lo sviluppo delle nuove opportunità di raccolta telematica.
a cura: Avv. Leonardo Silvestri
(dottorando ricerca Diritto Tributario Internazionale Università di Bologna)

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