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Albo del gestore e dei titolari dei punti di raccolta: punto di partenza del nuovo mercato

7 Aprile 2011

Gli albi sono un istituto molto antico, ma da sempre sottendono ad un’idea:
l’attività che viene sottoposta ad un obbligo di iscrizione ad un pubblico albo diventa “riservata”, e chi la esercita senza “abilitazione” è abusivo, ovvero commette azione illecita.
Non è mai esistito un albo, inoltre, che non preveda dei requisiti di ingresso, e dei requisiti di permanenza, i primi finalizzati ad escludere a priori i soggetti incompatibili con le finalità di controllo selettivo (i c.d. requisiti morali e professionali), i secondi, predisposti per garantire “al pubblico”, che gli iscritti all’albo siano in grado di far fronte – nel tempo – all’evoluzione della loro professionalità.
Ecco quindi che si comprende a cosa serve l’”albo” in un epoca moderna, dove le corporazioni medioevali non esistono più; serve a garantire “al pubblico” (che di un servizio assoggettato ad abilitazione usufruisce), in merito alle caratteristiche possedute da chi quel servizio eroga.

In questa ottica, si comprende il timore che alcuni gestori iniziano ad esprimere in merito al fatto che le loro ridotte dimensioni possano costituire un ostacolo all’iscrizione all’albo.
Se un’azienda si presenta come approssimativa realtà artigiana, che totalizza un volume di gioco esiguo, il cui bilancio evidenzia assenza di attivo ed esposizioni sproporzionate, che garanzia potrà mai fornire al pubblico? La domanda è ben posta se incentra il fulcro della tutela nei soggetti che confidano nella professionalità e virtuosità del gestore (ovvero lo Stato e i consumatori). Tradisce, invece, un equivoco di fondo se si limita a sostenere che solo i grandi soggetti imprenditoriali hanno diritto di cittadinanza.
L’albo del gestore non è stato concepito per cancellare i piccoli gestori, né per azzerare grandi realtà di noleggi che dovessero incappare in una sanzione amministrativa. L’albo serve per dimostrare al pubblico che sul mercato opera una figura professionale di cui lo Stato (in questo caso AAMS) si fa garante, curandone l’albo.
Se è chiaro, quindi, che in fase di iscrizione saranno determinanti i requisiti morali e professionali dell’operatore (ovvero la sua capacità di rispettare le norme e di raccogliere il PREU), è altrettanto evidente, poi, che anche la performance dell’operatore giocherà, immediatamente dopo, un ruolo anch’esso determinante.
All’avvocato che non realizza un certo volume di affari non è permesso continuare ad esercitare, e tutti i professionisti che non rispettino gli standard di adeguamento della propria struttura all’evoluzione degli oneri e delle responsabilità cui sono chiamati a rispondere, sono sottoposti a procedimento disciplinare.
Ecco che si comprende la seconda funzione dell’albo: il processo disciplinare, ovvero la costante verifica circa il fatto che la professionalità richiesta sia presente e correttamente messa in campo, sorretta da un momento sanzionatorio, che può portare anche all’espulsione dell’iscritto che si riveli inadeguato a continuare il suo compito.
Ovviamente esistono notevoli differenze tra le professioni intellettuali e le imprese di gioco lecito; le prime integrano servizi di pubblica utilità, le seconde hanno compiti rilevanti sotto il profilo dell’ordine pubblico. Ai primi si può rimproverare di non poter più esercitare se nessuno più affida loro incarichi, ai secondi si deve soprattutto richiedere di ben eseguire i compiti che si assumono nell’ambito del gioco lecito. Tuttavia sarà innegabile che un gestore a cui, per esempio, nessun Concessionario voglia più connettere le awp, o che abbia fatto “buchi” di PREU in giro, finirà inevitabilmente per essere estromesso dall’albo.
E’ giusto ?
Da un punto di vista “economico-concorrenziale” certamente si.
Le aziende sane fanno volentieri a meno di dover convivere con colleghi che non vogliono o non possono stare nel binario della virtuosità e della correttezza d’impresa.
Da un punto di vista della tutela del “pubblico”, certamente si: il consumatore è maggiormente tutelato se il servizio che usufruisce è erogato da soggetti strutturati ed evoluti professionalmente, che abbiano dimestichezza con l’informazione responsabile, la divulgazione delle regole del gioco e che si rendano disponibili alla trasparenza di operato nei confronti degli organismi di controllo.
Da un punto di vista della c.d. “tradizione di settore” probabilmente no, ma di chi non si rassegna a doversi confrontare con la “realtà industriale” che ha raggiunto il gioco lecito, non è indispensabile farsi carico.
In AS.TRO mi prodigo, con l’ausilio di colleghi bravi e preparati, per fornire anche ai piccoli gestori gli strumenti idonei a proporsi sul mercato come realtà professionali ed efficienti, riscontrando quotidianamente come anche gli operatori giovani e di ridotte dimensioni di partenza possono fare passi in avanti significativi, se adottano criteri aziendalistici severi e rigorosi.
Tutto ciò mi basta per comprendere come questa sia la strada giusta, ovvero il corretto sistema per premiare chi investe nell’evoluzione aziendale e in una rappresentanza di categoria che cerca di tenere i propri associati al passo con i tempi.

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