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Alla “riscoperta” dei canoni industriali tradizionali – Parte I

29 Maggio 2013

(di Michele Franzoso  Centro Studi AS.TRO Ufficio Studi Federazione Sistema Gioco Italia)
Parte I di III
La recente ufficializzazione dei dati relativi al fatturato del comparto gioco pubblico evidenzia:

  • una flessione “in linea” con le analisi previsionali a suo tempo effettuate da AS.TRO, laddove annunciava il calo del coin IN medio giornaliero delle awp;
  • la saturazione del mercato, ovvero quella particolare (e rarissima) condizione economica che attesta l’impossibilità di sviluppo,  a causa del raggiungimento di uno stato di  “stress” nel rapporto domanda – offerta;
  • la necessità di “riscoprire” alcune tradizionali ricette industriali per gestire una situazione di mercato che, se non affrontata con serie inversioni di rotta, può comportare la compromissione di tutto il sistema.

Con la presente nota ci si propone di ricercare alcune soluzioni all’ultimo profilo citato, benché si ribadisca la necessità di evidenziare un dato: in una economia così complessa e dinamica come quella “globale” la situazione di “saturazione del mercato” è condizione “al limite” della teorica configurabilità, posto che il “mercato globale” dovrebbe caratterizzare proprio la perenne possibilità di nuovi bacini.
Nel gioco lecito italiano così non è perché “il mercato è – per definizione normativa – chiuso  e circoscritto” e quindi proprio la “saturazione” doveva costituire il “picco” a cui non si doveva mai arrivare, e avverso la quale la strategia pubblica di pianificazione distributiva doveva anteporre preventivi rimedi.
Purtroppo l’equivoco nasce dalla “genesi” del sistema, laddove proprio la saturazione, invece, ha costituito un obiettivo primario, sull’errata considerazione che essa costituisse “sinonimo” di capillarità distributiva, e quindi totale copertura del mercato “controllato” a discapito dell’offerta illegale di gioco e scommessa. L’equivoco, quindi, è stato quello di scambiare la “copertura” del mercato, con sua “incapacità sopravvenuta” ad assorbire ulteriori offerte di gioco pubblico.
Di “segnali”, il sistema ne ricevuti tanti, ma tutti sono rimasti “inascoltati”:

  • se diecimila diritti VLT giacciono ancora nei cassetti significa che non c’è mercato per accoglierle (e come si è visto il PREU non incide su questo profilo, stante la “normalità” del fenomeno delle sale dedicate aperte con previsione di perdita di esercizio, e mantenute aperte nonostante la già registrata perdita di esercizio);
  • se la riforma del contingentamento che poteva “raddoppiare” il numero delle awp installabili sul territorio ha “partorito” solo il ritorno all’esercizio di qualche congegno prima destinato alla “scorta di magazzino”, significa che “la domanda di slot” del 2009 non è stata minimamente influenzata dall’incremento dei criteri quantitativi di apparecchi nei pubblici esercizi;
  •  se tutti i servizi registrano oramai cinque anni di costante flessione di consumo, inevitabilmente anche “il gioco”, prima o poi, doveva prestare il fianco alla riduzione dei denari disponibili per la spesa.

Quale ricetta abbiamo a disposizione ?
Nel successivo articolo che apparirà domani saranno affrontate le soluzioni prospettabili.

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