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AS.TRO REPLICA ALLA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA DELLA REGIONE LOMBARDIA: “GIOCO LEGALE E CRIMINALITÀ NON SONO FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA”

4 Aprile 2024

In veste di associazione di rappresentanza degli operatori del gioco lecito, intendiamo fare alcune precisazioni in merito alle dichiarazioni -riportate da alcune testate giornalistiche- della Presidente della Commissione Antimafia della Regione Lombardia Paola Pollini, la quale, citando quanto avrebbero riferito <<alcuni (non meglio precisati – N.d.r.) procuratori come quello di Bari e il sostituto procuratore di Catania, al sud si parla di monopolio mafioso sul gioco d’azzardo legale e illegale>>.

Da chiunque provenga, l’affermazione secondo cui la mafia avrebbe il monopolio del gioco legale al sud è frutto di una generalizzazione del tutto approssimativa e priva di fondamento che, quantomeno, avrebbe meritato di essere supportata da argomentazioni più dettagliate.

È bene quindi precisare che il sistema del gioco pubblico legale è permeato da una fitta rete di regole e procedure, finalizzate proprio alla prevenzione del riciclaggio e delle infiltrazioni mafiose, che non hanno uguali in nessun altro settore economico.

A ciò si aggiunga che l’integrale tracciabilità dei flussi di denaro che gravitano nell’orbita del gioco legale, l’elevata imposizione fiscale che grava su di essi, i controlli continui e stringenti a cui sono sottoposte le attività, le percentuali minime di somme che devono essere destinate alle vincite, ecc., rappresentano tutte circostanze che inducono le organizzazioni criminali a ritenere più conveniente la gestione diretta del gioco clandestino.

Si tratta di un dato di fatto che emerge dalle stesse dichiarazioni della Presidente Pollini nella parte in cui cita il “fatturato” del gioco illegale gestito dalla criminalità organizzata, stimato, appunto, in una cifra compresa tra i 20 e i 30 miliardi di euro: un dato che ci offre l’idea di quali dimensioni potrebbero raggiungere tali introiti se, come auspicato da molti (più o meno sinceri) “proibizionisti”, venisse debellato il settore del gioco legale.

Ciò non esclude, ovviamente, che le mafie possano riuscire ad infiltrarsi nella gestione di alcune attività che svolgono l’offerta legale di gioco per utilizzarle come copertura e strumento di riciclaggio ma questo corrisponde a quanto accade in molti altri settori imprenditoriali, spesso al centro di inchieste ben note alle cronache (come, ad esempio, l’edilizia, la ristorazione, la gestione delle strutture ricettive, l’alta finanza, ecc.) rispetto ai quali, però, l’attività di prevenzione e repressione da parte della magistratura e delle forze dell’ordine risulta più complicata proprio in virtù dell’assenza di quegli strumenti di controllo che, invece, permeano il sistema del gioco pubblico legale.

Qui non si tratta di fare del “benaltrismo” ma semplicemente di stigmatizzare quel tentativo, utilizzato strumentalmente dal fronte proibizionista, di infondere nell’opinione pubblica l’immagine artefatta secondo la quale il gioco legale e la criminalità organizzata siano due facce della stessa medaglia.

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