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Assolto in quanto “ludopatico”: a questo si è arrivati iniettando false verità sul gioco

7 Ottobre 2016

Da queste pagine si era lanciato l’allarme (La cura del G.A.P. nei “LEA”: buona notizia ma attenzione agli abusi. V. assoprod, comunicato dell’8 settembre 2016 a cura di Avv. Isabella Rusciano, Staff Legale AS.TRO ), e puntualmente “il fatto” è accaduto.

Il “soggetto” che riesce a procurarsi un certificato medico attestante “la malattia del gioco” non è punibile per i reati commessi “in conseguenza” della sua dipendenza, ovvero (nel caso di specie), non è punibile se si assenta dall’Ufficio comunale a cui è addetto (e presso il quale il “cartellino” lo riteneva, invece, presente, QUESTA è l’essenza della illiceità dell’assenza), per andare a giocare nella tabaccheria “accanto” al Municipio.

Il varco” per scardinare il principio fondante dell’Ordinamento Penale Vigente (che per inciso “regge” tutto il contratto sociale, elencando le condotte meritevoli di sanzione penale e quindi individuando “il bene giuridico” che lo Stato si impegna a tutelare), è stato aperto.

Il principio dell’actio libera in causa (ovvero, non importa se non eri capace di intendere all’atto del crimine, se “la condizione te la sei creata prima, quando eri sano”), che ha caratterizzato tutta la cultura penalistica di ogni ordine-grado-cultura-orientamento, è stato ripudiato dalla malattia “per vizio”.

Il magistrato è un essere “umano”, e come tale subisce come tutti gli altri la pressione mediatica delle bugie che una scellerata campagna anti-gioco continua a veicolare “incurante” delle conseguenze derivanti dalla “cultura dell’alibi” in cui finisce per “sprofondare”, pur di mantenere una posizione di “esperto del male (solo italiano) del secolo”.

Non è necessario “vivere una puntata di LAW & ORDER” per comprendere gli sviluppi logico-giudiziari che seguono all’elevazione a scusante del “vizio del gioco”, volontariamente e consapevolmente fatto proprio dal soggetto (con tanto di avvertenze e avvisi) sino a diventarne “dipendente” .

Ci basta una domanda: se agli anti-slot venisse negato un servizio comunale “in quel momento essenziale” perché il funzionario si assenta (dandosi presente) per giocare, sarebbero disposti ad “assolverlo” come vittima del “demonio” ?

E se “in ballo” non ci fosse un “mero” servizio comunale ma “una iniezione salva-vita” che non viene fatta perché l’incaricato “giocatore patologico” si chiude in bagno a giocare al poker on line con lo smartphone ?

Il grande “difetto” della società liquida è la perdita dei vecchi “pilastri” socio-culturali ed educativi a cui si è storicamente affidato il compito di impedire alle “speculazioni del momento” di fuoriuscire dal perimetro del realistico.

Solo una società “post moderna”, infatti, può annoverare il gioco come domanda essenziale di divertimento (pseudo-peccato) per la popolazione, ma solo una “cultura di strumentalizzazione del presente” può trasformare la modernità in alibi.

Di questo passo (prendendo spunto da più episodi di LAW & ORDER), sarà legittimata l’uccisione del prof. di scienze naturali che smentisce la creazione del mondo descritta dalla Bibbia, al pari dell’omicidio dello scenografo teatrale che allestisce spettacoli che trattano di sesso, e perché no, la strage perpetrata per “fermare” gli infedeli.

Oggi il gioco, domani la convinzione religiosa radicalizzata: possiamo forse negare che si possa diventare “dipendenti” anche da essa ?

Le risposte verosimili sono scontate, una “provocatoria” la diamo noi: aspettiamo di verificare se i LEA annovereranno anche questa “nuova dipendenza”.

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