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Comma sei A – Plus e Mini – Vlt: cose diverse da non confondere e tra loro incompatibili

22 Settembre 2011

E’ raro che un ordine del giorno approvato dal Parlamento possa costituire fonte di seria preoccupazione (o di fondata soddisfazione), ma nel mondo del gioco questo può succedere, e addirittura può accadere che non si colga il carattere assorbente di un decreto legge che il Governo ha già emanato (e il Parlamento già definitivamente convertito), rispetto all’oggetto specifico dell’ordine del giorno di cui si parla.

Scendendo nel dettaglio, con parole più semplici, ci si riferisce all’ordine del giorno a mezzo del quale il Governo si sarebbe impegnato a rivedere le caratteristiche delle attuale awp, comma sei, lettera a) del TULPS, e alla sua inutilità nel contesto giuridico creatosi a mezzo dell’ultima manovra economica, dove all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato è già stata conferita delega per poter modificare o creare tutto ciò che ritiene utile cambiare o introdurre per incrementare il gettito erariale.

Il dato più strabiliante, poi, è che a fronte di tale realtà giuridica le novità che il settore dovrebbe attendersi sarebbero caratterizzate da due diverse e incompatibili (tra di loro) soluzioni tecnologiche, ovvero una nuova awp – plus, per rilanciare il comparto produttivo con un nuovo congegno da imporre forzatamente al mercato, piuttosto che la c.d. mini – VLT, ovvero il definitivo abbandono del concetto di software residente anche per i congegni “da bar”, idoneo a cancellare in un attimo il comparto produttivo italiano.

La incompatibilità reciproca delle due “novità”, sulla cui eventuale introduzione oggi AAMS è dominus (purché riesca a documentarne l’extra-gettito) è evidente dal punto di vista tecnico e amministrativo, ma ancor più evidente si rivela la loro incapacità di coesistere sotto il profilo politico.
La mini – VLT è un progetto di abbattimento dell’incidenza della forza lavoro nella gestione degli apparecchi installabili all’interno di luoghi non dedicati, cui si abbina una nuova concezione della filiera gestionale.
La comma sei A – plus è SOLO una “ricetta” di lobby per creare una domanda di prodotti nuovi che neppure il più generoso dei contingentamenti pare abbia sufficientemente risollevato per accontentare un determinato segmento del comparto produttivo.

Basterebbe questo stato delle cose per intuire che, tra i due contendenti, è destinato a trionfare, almeno nell’immediato, quel “presente” (l’attuale slot) che consente:
–    all’Erario di incamerare il 12,6% di un volume di gioco straordinario, se riconsidera la modesta percentuale di pagamento riservata a montepremi (il 75%);
–    al soggetto passivo di imposta di “limitare i danni”, ovvero pagare il tributo su un “lordo” che non conteggi anche il ri-giocato nell’ambito della stessa partita/sessione di gioco (come invece accade per il sistema VLT).
In buona sostanza, quindi, le soluzioni che oggi qualcuno vuole rappresentare come pericoli tanto imminenti quanto frutto della inefficienza della rappresentanza dei gestori (cui il presente piace così com’è), si scontrano con gli obiettivi che ERARIO e AMMINISTRAZIONE devono perseguire su pressante invito Governativo, ovvero mantenere l’attuale gettito garantendone al contempo l’incremento straordinario in ragione di 750- 1.000 milioni l’anno.
Pertanto:
–    la mini-VLT, adesso, non può garantire il mantenimento di una raccolta di 32 miliardi di euro assoggettati al 12,6% (che cannibalizzerebbe) con strutturale extra gettito annuale già a partire dal 2011;
–    la comma sei a – plus, non può garantire il suo posizionamento sul mercato e la sua messa a pieno regime di operatività in un contesto economico di settore che non può far presagire il successo di una operazione di ri-cambio delle apparecchiature, neppure sotto forma di tappe frazionate nel tempo, come avvenne per la scadenza delle varie generazioni di nulla osta dei comma sei.
In definitiva:
–    le attuali slot piacciono tanto ai gestori quanto ai soggetti passivi di imposta (oltre che all’Erario) perché lavorano parecchio e sono “almeno” assoggettate ad un tributo sull’euro che “entra” per davvero; la loro complementarietà con le VLT, poi, è sancita dai numeri.
–    le future innovazioni piacciono a segmenti determinati del settore, ma non sono spendibili come strumenti di consolidamento dell’attuale gettito e di un suo innalzamento strutturale;
–    il vero problema a cui TUTTI dovrebbero pensare OGGI è il metodo di reperimento delle risorse straordinarie che l’Amministrazione dovrà prospettare al Governo in tempi stretti, alla luce delle proposte formulate dalle imprese di comparto, a cui nessuno vuole “tirare il collo”, a dalle quali le buone idee sono bene accette.
Chi critica le Associazioni, e quindi ritiene di essere particolarmente “dotato” di capacità, non ha che da prendere carta e penna e svolgere il “tema” che ritiene troppo difficile per gli attuali rappresentanti di categoria, illustrando come e dove reperirebbe le risorse che il Governo OGGI chiede, nei termini in cui le chiede.
Quanto all’innovazione tecnologica, il suo progresso è inevitabile, e quando i tempi saranno maturi è più verosimile che essa sia accolta in ragione della sua effettiva idoneità a creare gettito e mutare “sistema”, piuttosto che a soddisfare solo contingenti problematiche industriali di segmento.
Il detto “cambiare tutto per non cambiare nulla” non si addice molto al mondo del gioco, che quando ha abolito i videopoker dalla fiscalità inesistente e dall’anarchica imprenditoria, non lo fatto per finta, introducendo un sistema concessorio ad elevata capacità invasiva del controllo pubblico.

Chi non critica le Associazioni, ma non le appoggia, non le sostiene, non le aiuta e non vi partecipa, limitandosi a guardarle da lontano (sperando che riescano ad evitare il più possibile gli incidenti di percorso per la categoria), non si lamenti, poi, se le soluzioni che il futuro riserverà saranno appannaggio solo dei contesti associativamente caratterizzati, ovvero di porzioni di categoria che attraverso l’organizzazione hanno saputo “ricavarsi” una ragione di permanenza sul mercato.

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