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Commento AS.TRO all’audizione del Dg dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato

14 Settembre 2012

(di Michele Franzoso – Centro Studi AS.TRO)
La relazione del Direttore Generale dell’A.A.M.S. è stata già divulgata, e in via generale ha riscosso positive valutazioni da parte degli addetti ai lavori per l’approccio che ha contraddistinto il suo intervento.
La difesa del gioco lecito, infatti, come strumento istituzionale di contrasto al fenomeno del gioco non autorizzato (e fiscalmente clandestino), va evidenziata perché costituisce il presupposto genetico del sistema industriale venutosi a creare, e, in quanto tale, messo in discussione dalla trasversale ideologia anti-gioco (lecito) che è oramai stabilmente insediata all’interno di molti contesti “a rilevanza politica”.
Il D.G. quindi, ha difeso l’Ufficio, ha difeso l’oggetto dell’attività a cui l’Amministrazione è dedicata, ha reso evidente il suo D.N.A. di “controllore”, specificando alla platea politica che la più efficace e piena cultura della verifica, dell’accertamento e dell’ispezione , sarà pienamente messa in pratica, a garanzia della tutela della legalità.
 
Già questo basterebbe per archiviare positivamente il primo intervento pubblico del D.G., anche perché i restanti profili trattati nella relazione istituzionale sono stati prudentemente correlati dalle formule di stile evidenzianti il ridotto tempo di insediamento del dirigente.
Sul fronte della ludopatia e del Gioco Patologico, poi, il D.G. ha enunciato il principio fondamentale a cui AS.TRO crede profondamente, ovvero la necessità di collocare la questione in un ottica di “intervento di sistema”, che includa formalmente e incisivamente anche i punti vendita, ovvero quell’anello centrale della filiera che solo recentemente è stato oggetto di qualche forma di “responsabilizzazione”, attraverso l’elenco RIES.
 
Tuttavia, è opportuno ricordare che tali consessi istituzionali servono agli addetti ai lavori (Amministrazioni comprese), per sondare il terreno delle perplessità politiche, ovvero per censire ciò che la politica percepisce come criticità.
Sotto questo fronte, quindi, si è evidenziato:
–         il sospetto e lo scetticismo che accompagna l’accorpamento di AAMS alle Dogane,
–         la tendenziale volontà di inasprire il prelievo tributario sui giochi, spesso “edulcorata” dall’istanza di voler “razionalizzare” le forme di prelievo, verso sistemi più omogenei e comprensibili,
–         la preoccupazione per la ludopatia,
–         la preoccupazione che il gioco non possa più funzionare come strumento di programmazione di gettito erariale “scontato e prefissabile”.
 
Ciò che dovrebbe preoccupare sia l’Amministrazione che gli addetti ai lavori, quindi, non è il ventaglio di criticità che sono state evidenziate, tutte dirette a promuovere o censurare l’azione del Governo in carica, ma quelle che non sono state rappresentate, e sulle quali è oramai pacifico che bisognerà mettere mano.
Il caos normativo che regna sotto il fronte delle discipline locali che si insinuano nell’ambito della pianificazione statale della distribuzione del gioco lecito, è infatti il tema qualificante “la sfida” del settore dei prossimi nove anni, unitamente al profilo della razionale ed efficiente riconsiderazione della mappa territoriale del gioco lecito.
A ciò si aggiunge che anche il profilo tributario necessita di una riflessione tecnica di elevata incisività, in quanto la “sopravvivenza” del sistema gioco lecito poggia oggi su un delicato equilibrio: da un lato, la sua dimensione di industria del Paese, che in quanto tale richiede una marginalità di ricavo certamente superiore all’attuale, e, dall’altro, lato, la sua capacità contributiva, che non può scendere sotto certe soglie di rilevanza.
Il tema è stato affrontato nell’audizione parlamentare alla luce del grande “equivoco” algebrico che connota il gioco lecito, ovvero la mancanza di equivalenza tra aumenti complessivi dei volumi generali di gioco e corrispondenti aumenti del gettito. Il tema è rimasto in sospeso, ma AS.TRO da tempo evidenzia la fonte di tale equivoco, e la soluzione idonea per restituire solidità al delicato equilibrio che consente al gioco di perseguire la sua mission.
 
Valutare il gioco secondo il dato dei volumi di raccolta (ovvero le schedine validate, il “coin in” delle slot-awp, il “giocato” delle VLT, i “tagliandi” venduti, ecc. ecc. ecc.) è falsante, in quanto la “raccolta si auto-alimenta attraverso il pay out” (testuali parole del D.G.).
Alcuni prodotti subiscono il prelievo sul lordo (e nel caso delle VLT addirittura sul “non incassato”), mentre altri sul “net-win”.
Se per le slot-awp è pacifico che ad ogni aumento di raccolta segue un aumento del PREU, per altri prodotti di gioco non avviene lo stesso (ad esempio gioco on line, in vertiginosa ascesa).
 
Ecco quindi che il punto di equilibrio sociale – politico- erariale – tributario (ma anche del sopportabile impatto territoriale dell’industria gioco lecito), richiede la preventiva condivisione istituzionale delle finalità a cui il gioco lecito deve essere uniformemente diretto, cui far seguire una risposta “statale” e uniforme in merito all’utilizzo del prodotto di monopolio.
Lungi dall’essere “epocale e titanica impresa”, tale obiettivo è fisiologicamente perseguibile attraverso la effettiva collocazione del gioco lecito come attività industriale, e non solo come mera esecuzione di un rapporto concessorio.
 
In virtù di tale approccio, il generalizzato utilizzo del prelievo tributario unificato sul “netwin”  risolverebbe la totalità dei problemi oggi sul “tavolo delle criticità”.
 
Primo: abolendo i “prelievi” sul gioco, come tributo di attività sotto concessione, e sottoponendo le imprese di gioco (tutte) all’ordinario prelievo tributario delle persone giuridiche, la base imponibile ricavabile sarebbe il volume di raccolta meno gli effettivi costi e oneri deducibili, meno i premi pagati effettivamente, instaurando un virtuoso circuito concorrenziale in virtù del quale il livello di pay out diventa, oltre a un “costo”, l’investimento aziendale principale su cui puntare per il successo dell’impresa.
Il “livello minimo” di reddittualità (e quindi di capacità contributiva), poi, sarebbe garantito dagli ordinari strumenti di induzione oggi applicati a tutte le industrie, ed eventualmente tutelabile da previsioni di decadenza della concessione per insufficiente rimuneratività.
AAMS perderebbe il ruolo di ente riscossore, conservando quello di Amministrazione certificante (per l’Agenzia delle Entrate), il volume della raccolta, e  l’ammontare dei premi erogati effettivamente, tutti censiti da strumentazioni telematiche, ma soprattutto mantenendo la funzione di controllore di legalità e quindi di co-accertatore di cespiti evasi.
 
Secondo: il gioco patologico subirebbe una immediata contrazione in quanto all’aumento del pay out che generebbe la deducibilità del premio erogato, seguirebbe l’automatica diminuzione del costo medio orario del servizio – gioco lecito, con ciò comportando l’allungamento dei tempi necessari per sostenere la medesima spesa di oggi (quindi aumento della base dei giocatori, ma che unitariamente spendono meno).
 
Terzo: la distribuzione del gioco lecito agganciata alla rimuneratività minima effettiva (e non all’aggio minimo garantito), impedirebbe di utilizzare le imprese di gioco per allocare momentaneamente capitali non investibili altrove, selezionando punti vendita e operatori solo per la loro specifica capacità imprenditoriale.
 
Si potrebbe continuare per interi volumi, ma per concludere una mera comunicazione che non si prefigge scopi scientifici, basterà citare l’esperienza del Regno Unito sul delicatissimo fronte delle scommesse (in cui i premi potrebbero anche superare il volume di raccolta), per verificare che il passaggio alla tassa sul net win ha generato, a regime, sviluppo sicuro e responsabile per l’industria e quindi per l’Erario.
 
Ciò che manca oggi nel settore è proprio questo: agganciare l’industria di gioco alla ordinaria filosofia economica delle imprese, in virtù della quale l’Erario incassa molto se l’impresa incassa molto, agevolandosi del fatto che lo strumento concessorio può permettere tutele preventive per la salvaguardia del gettito ,  e che il “prodotto – gioco” ha un bacino di utenza di rilevanza similare a quello  dell’energia e della telefonia.
 
 
 
 

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