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Il contrasto al gioco non è tra le “priorità” degli italiani: esito dell’indagine Nomisma “Il manifesto degli Italiani”

27 Febbraio 2018

Il 16 febbraio scorso, l’istituto di ricerca Nomisma ha “misurato” le priorità degli italiani al fine di appurare cosa si aspettano i cittadini (che a breve torneranno ad essere elettori) dalla Politica e, quindi, “misurare” la coincidenza tra “programmi elettorali” e priorità avvertite dalla popolazione.

Il campione di 1.800 intervistati è conforme alle più rigorose best practices adottate anche nei sondaggi, e quindi, sicuramente rivela un importante segnale della reale percezione dei cittadini in ordine ai problemi che avvertono maggiormente.

L’indagine di Nomisma ha suddiviso gli ambiti di valutazione in 9 categorie individuando, successivamente, l’intervento ritenuto prioritario dal campione su ciascuna di esse.

Anche il tema del gioco è stato valutato dall’indagine ed, in particolare, è stato inserito in 3 categorie tematiche (Sanità, Sicurezza-Giustizia, Giovani) al fine di appurare, rispettivamente, quale rilevanza fosse accordata a:

  • azioni di sensibilizzazione sugli effetti del gioco d’azzardo patologico,

  • politiche di contrasto al gioco illegale,

  • azioni di contrasto al gioco d’azzardo tra i giovani;

Categorico l’esito:

3% per i primi due aspetti, 2% per il terzo.

A tutto voler concedere, pertanto, il gioco entra a far parte dei “pensieri” degli Italiani – in termini di necessità di intervento politico – in ragione del 3%, una percentuale ben distante da quella che facevano presupporre i “propositi prioritari di affossamento del gioco legale” che alcune forze politiche hanno formalizzato nei rispettivi programmi per “avvicinarsi” ai presunti “desiderata” degli elettori.

Tre considerazioni si impongono alla luce di questi dati:

  1. La politica dell’anti-gioco non solo non riflette “alcun imput popolare” ma si arroga un livello di priorità d’intervento che i cittadini stessi smentiscono di percepire.

  2. La centralità politica che gli interventi restrittivi – abolizionisti hanno assunto nell’azione legislativa e amministrativa di Regioni e Comuni non ha influenzato il campione, per il quale resta prioritario un’azione Governativa orientata a risolvere i veri problemi quotidiani, tra cui spicca “il lavoro”.

  3. Una politica che si orienta a “restringere sino ad espellere” il gioco lecito e il relativo bacino occupazionale contrasta con la priorità ancora cogente per il Paese, la tutela dell’occupazione e del lavoratore, evidentemente percepita “a rischio”, ovvero meritevole di massima tutela e impegno.

Come è possibile che la “piaga italiana del secolo” sia così “sotto-dimensionata” ? Due le possibili risposte:

  1. la perdita di credibilità della politica anti-gioco, sempre meno percepita come movimento a tutela della salute pubblica (vedi ricorsi ed esposti Codacons);

  2. l’antipatia naturale che si crea nei confronti di coloro che “impongono” una priorità senza preoccuparsi delle risorse e del “tempo politico” che detta imposizione crea in termini di mancato impegno verso la tutela del lavoro e della sicurezza.

E’ un bene o un male che “del gioco” gli italiani siano così poco interessati?

Il gioco lecito è un comparto industriale che necessita di sensibili riforme e concreti miglioramenti su molti fronti e la sua rilevanza erariale non può essere assunta come alibi per attendere ancora dal mettersi al lavoro per risolvere le criticità che sono “collegate” (e non sempre “cagionate”) alle offerte di gioco legale.

Tuttavia sono Governo e Parlamento che devono decidere “per il bene” pubblico, avvalendosi della competenza che è loro dovere adottare per rispondere a due semplici quesiti:

  1. la legalizzazione delle offerte gioco con premio in denaro attualmente autorizzate dal M.E.F. è una scelta che va confermata, o che va rimossa con il ritorno al totale proibizionismo?

  2. se si pensa che non sia praticabile il ritorno ad un passato dove i miliardi del gioco ingrassavano solo i circuiti illegali e fiscalmente clandestini, quali sono le misure che possono “mettere in sicurezza” questa scelta?

Ecco dunque la sintesi più coerente che “fonde” percezione popolare e doveri incombenti sui Governanti: ai secondi l’onere di decidere quale percorso sia migliore per il Paese ascoltando, ma non “replicando”, le pulsioni. Ai primi l’onere di controllare se le priorità fatte proprie dalla Politica hanno sortito l’esito di “rispondere” alle priorità o, piuttosto, quello di crearne altre, più facilmente discutibili, ma distrattive rispetto alle questioni del lavoro e della sicurezza.

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