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Coronavirus: il Tar Marche sul potere di ordinanza della Regione

3 Giugno 2020

Sono ormai trascorsi più di tre mesi dall’emanazione del d.l. 6/2020 (conv. con mod. in l. 13/20), primo atto avente forza di legge con cui si riteneva “la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, adottando misure di contrasto e contenimento alla diffusione del predetto virus”.

L’evoluzione normativa successiva sul punto è nota e si spera prosegua nell’ottica di una ripresa collettiva quanto mai indispensabile.

Proprio a seguito di tale evoluzione il d.l. 6/20 di cui sopra è stato ad oggi quasi totalmente abrogato (ad eccezione degli articoli 3 comma 6 bis, e 4, dall’articolo 5, comma 1, lett. a d.l. 19/20 conv. con mod. in l. 35/20). Tuttavia, si ritiene sia di aiuto per l’evoluzione stessa considerare alcuni elementi che sin da subito la giurisprudenza amministrativa ha dedotto dall’applicazione concreta di tale norma.

Il riferimento va al decreto presidenziale n. 56/2020 e all’ordinanza n. 63/2020 del TAR Marche, Ancona, chiamato a pronunciarsi a seguito del ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dell’ordinanza del Presidente della Regione Marche del 25/2/2020, n. 1.

Con tale ordinanza, a decorrere dal 26/2/20 e sino al 4/3/20 veniva imposta la sospensione di tutte le manifestazioni pubbliche, dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, di ogni viaggio di istruzione sia sul territorio nazionale sia estero, dell’apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura e delle biblioteche e dei concorsi pubblici fatti salvi quelli relativi alle professioni sanitarie.

Ebbene, con il decreto presidenziale n. 56/2020 pronunciato ex art. 56 c.p.a. il TAR accoglieva l’istanza cautelare e sospendeva gli effetti del provvedimento impugnato perché emesso in carenza dei presupposti stabiliti dal d.l. 6/20. In particolare, detta carenza era dimostrata dall’assenza di casi accertati di contagio nelle Marche al momento dell’emissione dell’ordinanza e, considerato che la legittimità del provvedimento amministrativo deve “essere valutata, in sede giurisdizionale, alla stregua della situazione di fatto e di diritto sussistente al momento della emissione, risultando irrilevanti le sopravvenienze, secondo il principio “tempus regit actum” (cfr. ex multis: Cons. St. Sez. IV, 30.7.2019, n.5395)”, l’ordinanza stessa non poteva dirsi legittima.

Oltre a ciò, nel decreto presidenziale viene stabilito l’erroneo presupposto del potere di ordinanza sulla base della possibilità, concessa dal d.l. 6/20, di disporre misure “ulteriori” atteso che tale possibilità “va, in via sistematica, riferita ad interventi che comportino un sacrificio minore delle libertà individuali, rispetto a quelli previsti dall’art. 1 del cit. D.L. n. 6”.

Ultimo punto di estremo interesse è la chiusura del decreto: “considerato che l’eventuale differente trattamento riservato dal Governo – in condizioni asseritamente eguali a quelle della Regione Marche – alla Regione Liguria, sul quale si sofferma lo scritto difensivo regionale (senza che tale circostanza risulti però evocata dal provvedimento impugnato) ha valenza politica ma non giuridica e non può comunque ex se giustificare l’esercizio del potere”.

Al decreto monocratico citato è seguita l’ordinanza cautelare con cui il TAR Marche ha confermato il decreto medesimo accogliendo l’istanza cautelare e affermando che “allo stato attuale non può dirsi venuto meno l’interesse alla decisione di merito”, per cui ha fissato l’udienza di trattazione al 13 gennaio 2021.

Nella speranza che per tale data non si debba più parlare di situazione di emergenza, si è curiosi di sapere se, e soprattutto cosa, sarà deciso nel merito.

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