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Cosa si intende per riconoscimento formale ed effettivo del gestore e quanto è costato (e continua a costare) il mancato riconoscimento?

3 Febbraio 2010

Per riconoscimento della categoria di gestori si intende la legittimazione allo svolgimento dell’attività di operatore del gioco, fondata su una riforma dell’attuale  quadro di disciplina del gioco lecito; l’intervento normativo auspicato dovrebbe implementare lo schema attualmente  contemplato dalla regolamentazione, che riconosce come parti della convenzione di concessione esclusivamente l’Amministrazione ed i Concessionari, con  l’introduzione della figura del gestore.
La possibilità che quest’obiettivo dell’Associazione possa essere conseguito entro un termine ragionevole, trova riscontro nell’efficace e condivisibile analisi prodotta dal Dott. Raffaele Ferrara,  direttore generale di AAMS, nel corso dell’annuale audizione in Commissione Finanze della Camera, fondata sul richiamo alla necessità di disciplinare in maniera più corretta ed incisiva  i requisiti morali ed economici, il profilo  delle reciproche responsabilità nel rapporto con il Concessionario, i diritti e le salvaguardie, il regime tributario ed il profilo contributivo delle imprese di gestione, assimilabili a quelle imprese che in regime di subappalto realizzano concretamente  una parte significativa delle opere pubbliche.
Il riconoscimento giuridico della categoria deve, inoltre, rappresentare il presupposto ad un riequilibrio normativo dello schema che, attualmente, regola il rapporto tra Concessionario e terzo incaricato della raccolta, dove il contratto commerciale redatto dal contraente forte, cioè il concessionario, disciplina unilateralmente il rapporto.
Un intervento normativo dovrebbe, invece, statuire  che l’attività  professionale di raccolta degli incassi  e la gestione tecnica ed amministrativa del punto di raccolta è svolta, indipendentemente  dalla proprietà degli apparecchi, da un gestore iscritto in un elenco, in possesso della licenza prevista dal T.U.L.P.S., cui si riconducano le giuste responsabilità  e si  riconoscano le  giuste remunerazioni.
Lo schema in vigore, invece esclude,  o  meglio, non prevede, paradossalmente, la figura del gestore, costretto, nella sua condizione di imprenditore fantasma, a sostenere  l’investimento di risorse finalizzate al miglioramento della gestione tecnica ed amministrativa degli apparecchi e dei punti di raccolta ed all’incremento della loro redditività, a beneficio dell’intera filiera, ma a non vedere riconosciuti i costi derivanti da tale esercizio, ufficialmente riconosciuto al solo concessionario.
Il mancato riconoscimento della categoria, non consente la classificazione dell’attività di gestione nel quadro delle attività economiche ricomprese nella tabella  tabella ATECO, impedendo, di fatto,  l’accesso al credito d’imposta per la forzata rimozione delle slot, cui ci ha costretti l’evoluzione normativa, l’accesso alla detassazione degli utili  reinvestiti previsto dai decreti Tremonti e la possibilità di richiedere  alle Regioni l’istituzione di corsi di avviamento professionale per la figura di addetto di un comparto, che, oggi, rappresenta una delle principali industrie del  Paese.
Questo stato di cose  ha determinato una perdita per il gestore stimabile con buona  approssimazione in una cifra corrispondente  al credito d’imposta cui una normativa diversa avrebbe potuto assoggettare l’investimento di circa 700 milioni di euro sostenuto dal settore in poco più di due anni,in seguito all’oscura vicenda BLACK SLOT ed alla recente forzata dismissione di circa 250.000 apparecchi.
L’attuale quadro normativo consente solo di coltivare il rimpianto per le occasioni perdute, poiché la dignità di esistenza del gestore è labilmente riconosciuta solo nel decreto di terzi incaricati alla raccolta, ovvero in un regolamento di secondo grado in cui è previsto che il concessionario possa avvalersi dell’ausilio di collaboratori a contratto, disposti a prestare qualsiasi forma di garanzia morale e finanziaria in cambio di una precaria continuità d’impresa.
Il tributo che la categoria ha dovuto pagare al progetto di moralizzazione del settore corrisponde alla creazione di una classe di gestori strenuamente impegnati  in una individualistica lotta per la sopravvivenza, quotidianamente messa a repentaglio dal fenomeno dei furti,  dall’atavica  aggressione commerciale  portata da strumenti illegali costantemente aggiornati  da impreviste variabili che, erodendo i già risicati ricavi, fanno pendere minacciosamente  sulla testa del gestore la spada di Damocle del distacco della  linea.
Il processo involutivo della categoria appena rappresentato è stato accompagnato da una   comprensibile sfiducia nei confronti di un modo anacronistico di fare  associazione, una  condizione dalla quale Assotrattenimento ha il merito di essersi smarcata fin dal 2007, anno in cui l’associazione è stata  completamente rinnovata con l’arrivo di Massimiliano Pucci e di uno staff di professionisti che, grazie, alla loro terzietà hanno potuto indicare la via del cambiamento fondata  su due principi, forse impopolari, il riconoscimento giuridico del  gestore e la tutela della legalità, antitetici ai principi ispiratori di un modo demagogico di rappresentare l’associazionismo, fondato sul sistematico rifiuto dell’evoluzione tecnologica e normativa e del confronto con l’amministrazione.
Se oggi si può coltivare  la speranza che le attività di gestione possano conoscere una ripresa, lo si deve al gruppo dirigente di AS.TRO. ed al suo presidente, che hanno avuto il merito di farsi riconoscere come interlocutori dall’amministrazione dei monopoli, come riferimento delle  amministrazioni comunali per la comprensione  del fenomeno del gioco e come importante  componente della giunta di CONFINDUSTRIA.
Ad astro va quindi ascritto il merito di aver documentato l’esistenza di un numero crescente di gestori che riconoscono  nei valori industriali e della legalità, mai in contrapposizione con le istituzioni ed in  perfetta coerenza con la linea politica tracciata,  che può continuare ad essere  autonoma ed autorevole   grazie al solo contributo volontario degli associati.
La voglia di essere una categoria, di esibire sul mercato e di operare nel  contesto, di norme  eque deve  rappresentare, in vista della scadenza delle concessioni prevista per il prossimo 31 ottobre, l’arma per scongiurare il pericolo che il gestore continui ad essere il precario imprenditore di oggi.
Questo è il motivo per il quale ritengo che la continuità delle nostre aziende  passi attraverso  il sostegno ad Astro.

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