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Dal nuovo decreto sul gioco online una interessante iniziativa per la responsabilizzazione del gioco

25 Marzo 2010

Il recente decreto su “Disciplina dei giochi di abilità nonché dei giochi di sorte a quota fissa e dei giochi di carte organizzati in forma diversa dal torneo con partecipazione a distanza”, è già stato oggetto di molteplici analisi e riflessioni tecniche.
Prime tra tutte, l’impressionante estensione delle potenzialità operative delle piattaforme online dei Concessionari, oramai in grado di allestire veri e propri casinò virtuali, ovvero proporre forme di gioco assolutamente competitive nei confronti degli illegali “punto com”, oscurati al ritmo di migliaia al mese.
Si può forse ragionevolmente sostenere che l’ultimo ostacolo che ancora poteva connotare l’offerta pubblica di gioco come soccombente rispetto alle variegate soluzioni approntate dai casinò virtuali storicamente alloggiati in Paesi a fiscalità agevolata (relativamente alle imposte sui giochi), è stato abbattuto.
Di fronte all’estensione “a tutto tondo” del sistema gioco – lecito, i timori sugli effetti “socialmente impattanti” della industria del gambling si traducono in una normativa che finalmente pone il giocatore in una posizione nuova, di accortezza, di responsabilizzazione.
La previsione secondo la quale l’accesso ai nuovi giochi on line dovrà essere subordinato all’impostazione di un limite economico da parte dell’utente, nonché all’adozione di forme autolimitative della spesa e di dissuasione agli eccessi, veicola un messaggio tanto chiaro quanto innovativo: il gioco pubblico e lecito resterà sempre diverso dal gioco non autorizzato, non solo per la tassazione, ma anche per una progressiva strategia di salvaguardia dell’utenza che persino i Paesi a più antica storia sul gioco hanno sempre evitato di intraprendere. Le Nazioni di impostazione anglosassone risolvono le problematiche sociali legate al gioco “lavando” la coscienza degli operatori con prelievi (più o meno) forzati da devolvere a iniziative (più o meno) mirate a prevenire e curare casi di ludopatia.
L’Italia, con una norma colpevolmente passata inosservata da parte degli addetti ai lavori, ha iniziato, invece, un percorso diverso, che vede il giocatore innanzitutto come cittadino e non solo come cliente. Questa impostazione, assolutamente fisiologica nell’ambito di un sistema regolato dall’Amministrazione Pubblica, parte dal presupposto che il cittadino ha diritto ad essere informato e che una spesa assoggettata a pubblico prelievo (anche se sostenuta per finalità ludiche) deve essere preventivamente contingentata e fatta oggetto di una consapevole scelta.
Così facendo il sistema accetta di perdere l’effetto traino di chi si approccia al gioco senza la consapevolezza di entrare in contatto con prodotti dal potenziale effetto psicologico, compensando l’estensione globale del target (la rete), con un accesso “guidato” al gioco.
Questa soluzione ricorda molto le idee che caratterizzavano la c.d. safe slot (ideata dall’azienda Bakoo in collaborazione con il Centro Studi AS.TRO e il dott. Cavallari) e presentata in occasione del PGS – 2008. Tale macchina esaltava la previsione normativa contenuta nel decreto tecnico sulle new slot di ultima generazione (relativamente alla “facoltà” di impostare limitazioni di gioco da parte dell’utente), attraverso un software premiale che erogava al giocatore più responsabile (che si dotava di auto – limitazioni), opzioni di gioco più attraenti e maggiore qualità dell’intrattenimento.
Il concetto di obbligatoria auto-limitazione preventiva, può pertanto costituire la base sulla quale esperti psicologi e tecnici possono ideare un innovativo protocollo a cui sottoporre tutto il sistema di gioco, trovando soluzioni per equilibrare le libertà individuali (anche quelle potenzialmente scriteriate) con il principio di cautela e sicurezza che deve corredare un prodotto gestito dallo Stato.
L’auspicio è che gli psicologi e i politici ideologicamente schierati verso la preconcetta condanna di ogni forma di pubblico coinvolgimento nel gioco, trovino, in questa novità, l’impulso più corretto per devolvere le loro conoscenze al servizio di una industria che, in Italia, mostra segnali di responsabilità altrove sconosciuti.

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