Il decreto crescita: rinnovo affitti a canone concordato
Viene introdotta una norma di interpretazione autentica in materia di rinnovo dei contratti di locazione a canone agevolato: possono essere “confermati” tacitamente, a ciascuna scadenza, per un ulteriore biennio, in mancanza della comunicazione prevista. Lo prevede l’articolo 19-bis del decreto crescita, in risposta alle richieste di chiarimento degli operatori del settore.
I contratti cui la disposizione fa riferimento sono quelli previsti dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431, che disciplina le locazioni e le modalità di rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.
L’articolo 2 della legge n. 431/1998 prevede che, in alternativa al classico contratto 4+4 a canone libero, le parti possono stipulare contratti di locazione a canone concordato, definendo il valore del canone, la durata del contratto ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. La durata di tali contratti non può, di regola, essere inferiore ai tre anni. Alla prima scadenza del contratto, se le parti non trovano un accordo sul rinnovo, il contratto è prorogato di diritto per due anni fatta salva la facoltà di disdetta da parte del locatore per alcune regioni previste espressamente dalla legge. Per tale motivo i contratti a canone concordato sono individuati, nel gergo comune, con l’espressione “3+2”.
Alla scadenza del periodo di proroga biennale ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all’altra parte sei mesi prima della scadenza. In mancanza di tale comunicazione, il contratto è rinnovato tacitamente alle stesse condizioni.
La norma in esame interviene sull’ultima disposizione e stabilisce che la stessa si interpreta nel senso che, in mancanza della comunicazione ivi prevista, con la quale le parti manifestano l’intenzione di rinnovare o rinunciare al rinnovo del contratto, il contratto stesso è rinnovato tacitamente, a ciascuna scadenza e per un ulteriore biennio.
Il legislatore è intervenuto per fare chiarezza con una norma di interpretazione autentica su un argomento oggetto di giurisprudenza non costante. Secondo una parte della giurisprudenza di merito, infatti, il rinnovo tacito del contratto è valido per il successivo triennio (Tribunale di Torino, sentenza n. 4655/2008) mentre per un’altra parte giurisprudenziale (Tribunale di Bologna, sentenza n. 3151/2009) il rinnovo è da intendersi per il successivo quinquennio.
In mancanza di un indirizzo univoco da parte delle corti di merito, l’incertezza sulla corretta applicazione della disposizione in parola comportava soluzioni difformi sul territorio nazionale sotto il profilo civilistico e fiscale. Sulla questione l’Agenzia delle entrate si era già espressa, in data 27 giugno 2017, con la consulenza giuridica n. 954-92/2016, dove aveva precisato che la stessa può fornire indicazioni solo in relazione all’interpretazione di una norma tributaria, ma non è competente ad effettuare una “valutazione di natura civilistica sulle modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione”.
La disposizione risponde alle richieste di chiarimento pervenute dagli operatori del settore. Pertanto, in sede di rinnovo tacito del contratto di locazione a canone concordato, in assenza di diversa indicazione delle parti, questo si intende prorogato per il successivo biennio con conseguente applicazione delle imposte dovute per il nuovo periodo di riferimento.