Definizione delle liti pendenti: i chiarimenti nella circolare n.6/E del 01/04/2019
Sempre in relazione ai numerosi contenziosi tributari emersi a carico delle aziende del gioco ed all’opportunità di risolverli con la definizione delle liti pendenti pubblichiamo una sintesi dei chiarimenti i forniti dall’AdE con la circolare n. 6/E del 1° aprile 2019, che analizza in dettaglio l’istituto introdotto dall’articolo 6 del Dl 119/2018, grazie al quale è possibile chiudere le vertenze fiscali aventi a oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, con ricorso in primo grado notificato alla controparte entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore dello stesso Dl 119).
Ambito di applicazione
Per individuare le liti definibili, bisogna tener conto della natura tributaria della materia oggetto di giudizio, del soggetto parte pubblica in giudizio e della tipologia di atto impugnato.
Controversie attribuite alla giurisdizione tributaria
Possono essere definite, purché concernenti questioni devolute alla giurisdizione tributaria, le liti pendenti presso le Commissioni tributarie provinciali, regionali e quelle di primo e di secondo grado di Trento e Bolzano, anche a seguito di rinvio, nonché presso la Corte di cassazione.
Definibili anche le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria erroneamente instaurate innanzi al Giudice ordinario o a quello amministrativo, non quelle in materie diverse dalla tributaria erroneamente instaurate innanzi alle Commissioni tributarie.
Qualità di parte dell’Agenzia delle entrate
Poiché è richiesto che l’Agenzia delle entrate sia parte della lite che si vuole definire, non rientrano nell’ambito di applicazione della disciplina le controversie:
– instaurate contro enti impositori diversi dall’Agenzia delle entrate, come l’Agenzia delle dogane e dei monopoli
– nelle quali è parte unicamente l’agente della riscossione, ancorché inerenti a tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate e ad atti aventi comunque natura impositiva
– vertenti su sanzioni amministrative non tributarie, anche qualora l’Agenzia delle entrate sia stata chiamata in giudizio (ad esempio, quelle contro le sanzioni per impiego di lavoratori “in nero” o per l’irregolare conferimento di incarichi a dipendenti pubblici).
Atti oggetto delle liti definibili
La definizione può riguardare solo controversie “aventi ad oggetto atti impositivi”, cioè avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione di sanzioni, atti di recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati e ogni altro atto che rechi una pretesa tributaria quantificata.
Pertanto, restano esclusi dall’istituto:
– dinieghi espressi o taciti di rimborso – non attengono a una pretesa dell’Agenzia di (maggiori) tributi o sanzioni amministrative, ma a un’istanza di restituzione di somme che il contribuente ritiene indebitamente versate
– atti che non contengono una pretesa tributaria quantificata (ad esempio: disconoscimento di un’agevolazione senza contestuale accertamento e richiesta di tributi; attribuzione della rendita catastale; cancellazione di enti dal registro delle Onlus; ecc.)
– dinieghi di precedenti definizioni agevolate
– atti di mera riscossione, quali ruoli, cartelle di pagamento e avvisi di liquidazione (ad esempio, ruoli per imposte e ritenute che, sebbene indicate in dichiarazione, non risultano versate). Tuttavia, i ruoli derivanti dall’attività di controllo automatizzato ex articolo 36-bis, Dpr 600/1973 possono scaturire anche dalla rettifica di dati indicati nelle dichiarazioni; in tal caso, si tratta di atti a carattere impositivo, le cui controversie rientrano nell’ambito di applicazione della definizione. Stessa cosa per le liti sui ruoli emessi a seguito di controllo formale (articolo 36-ter, Dpr 600/1973), per gli avvisi di liquidazione dell’imposta di registro che esprimono per la prima volta una pretesa fiscale maggiore di quella applicata al momento della richiesta di registrazione. Relativamente agli avvisi di liquidazione dell’imposta di successione, la lite non è definibile se l’ufficio si è limitato a determinare il tributo dovuto secondo i dati dichiarati dal contribuente, e non ha anche escluso riduzioni e/o detrazioni
– sanzioni per omesso o ritardato versamento (discende dall’esclusione delle liti aventi a oggetto atti di mera riscossione). Pertanto, alla lite riguardante la sanzione di omesso versamento in cui il tributo è stato pagato o definito oppure riguardante la sanzione per ritardato versamento non si applica la previsione secondo cui, qualora si tratti di “controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione”
– tasse automobilistiche, la definizione è possibile, nelle Regioni a statuto speciale nelle quali è parte l’Agenzia delle entrate, solo se le liti discendono da atti impositivi diversi dalla mera liquidazione dell’obbligazione tributaria o dal recupero di versamenti omessi
– accertamenti riguardanti società di persone, l’atto impugnato dalla società, sebbene contenga l’indicazione dell’ammontare del (maggior) reddito da imputare per trasparenza ai soci, non reca alcuna quantificazione né delle imposte né delle sanzioni dovute dai soci. Pertanto, la società può definire la lite solo per le imposte accertate nell’atto e di sua competenza (ad esempio, l’Irap), senza alcun effetto nei confronti dei soci con riguardo ai redditi di partecipazione. Le eventuali liti instaurate da questi ultimi sono da considerarsi come autonome
– contributi e premi previdenziali e assistenziali, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario
– atti concernenti risorse proprie tradizionali dell’Unione europea, IVA riscossa all’importazione e aiuti di Stato dichiarati in contrasto con il diritto comunitario – sono esclusi per espressa previsione normativa.
Pendenza della lite
La definizione delle liti può riguardare solo i rapporti pendenti al 24 ottobre 2018 (cioè, con ricorso introduttivo notificato alla controparte, rilevando, a tal fine, la data di notificazione per il ricorrente; vale a dire che, ad esempio, in caso di notifica per posta, si tiene conto della data di spedizione della raccomandata A/R) e, comunque, non esauriti alla data di presentazione della domanda.
Rimangono, quindi, esclusi:
– i rapporti esauriti al 24 ottobre 2018, in quanto già regolati da pronunce divenute definitive per mancata impugnazione ovvero da sentenze della Cassazione, senza rinvio al giudice di merito
– i rapporti – anche se pendenti al 24 ottobre 2018 – esauriti alla data di presentazione della domanda di definizione, a seguito di deposito di sentenza della Cassazione, senza rinvio al giudice di merito
– i rapporti per i quali, al 24 ottobre 2018 e alla data di presentazione della domanda, si sia già perfezionata la mediazione tributaria o la conciliazione giudiziale.
Non sono definibili le “liti potenziali”, cioè le situazioni in cui il ricorso di primo grado non è stato notificato al 24 ottobre 2018, pur essendo pendenti i termini d’impugnazione di un atto notificato.
Porte aperte alla definizione per le liti instaurate con ricorsi affetti da vizi di inammissibilità (perché proposti oltre i termini o privi dei requisiti di forma e contenuto), purché entro il 24 ottobre 2018 sia stato notificato il ricorso in primo grado e per le quali, alla data di presentazione della domanda, non sia intervenuta una pronuncia della Cassazione che ne abbia sancito l’inammissibilità.
Domanda di definizione
La definizione è subordinata alla presentazione di un’apposita domanda, da inoltrare entro il 31 maggio 2019 in via telematica all’ufficio delle Entrate parte in giudizio, tramite il modello approvato con provvedimento del 18 febbraio 2019. Va presentata da chi ha proposto ricorso nel primo grado di giudizio oppure da chi gli è subentrato, ad esempio a titolo di successione.
Se con lo stesso ricorso sono stati impugnati più atti, bisogna presentare una distinta domanda per ciascuno di essi; ogni autonoma controversia va definita integralmente.
Valore della controversia
Il valore della controversia coincide con quello del tributo in contestazione (al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni) e, nelle liti relative esclusivamente all’irrogazione di sanzioni, con la somma delle sanzioni in contestazione. Perciò, nel determinare il valore della lite, vanno esclusi gli eventuali importi non rientranti nella materia del contendere, come in caso di:
– contestazione parziale dell’atto impugnato
– formazione di un giudicato interno
– conciliazione o mediazione perfezionate senza definire per intero la lite
– parziale annullamento dell’atto a seguito di autotutela da parte dell’ufficio.
Non rilevano, invece, le eventuali proposte di accordo relative a mediazioni, conciliazioni o accertamenti con adesione, non perfezionatisi, a cui hanno fatto seguito la costituzione in giudizio, la prosecuzione o l’instaurazione del giudizio da parte del contribuente.
Percentuali di riduzione
Per determinare gli importi dovuti per la definizione, al valore della controversia vanno applicate percentuali di riduzione differenziate a seconda dello stato e del grado in cui pende la vertenza.
100% del valore della controversia
– L’Agenzia è risultata vincitrice nell’ultima o unica pronuncia depositata al 24 ottobre 2018
– Il contribuente, al 24 ottobre 2018, ha notificato il ricorso all’Agenzia, ma a quella data non si è ancora costituito in giudizio tramite il deposito o la trasmissione del ricorso alla segreteria della Ctp.
90% del valore della controversia
– Il contribuente, al 24 ottobre 2018, si è costituito in giudizio ma, alla stessa data, la Commissione non ha ancora depositato una pronuncia giurisdizionale
– Al 24 ottobre 2018 pendono i termini per la riassunzione a seguito di sentenza di cassazione con rinvio o pende il giudizio di rinvio a seguito di avvenuta riassunzione.
40 o 15% del valore della controversia
L’Agenzia delle entrate è risultata soccombente nell’ultima o unica pronuncia depositata al 24 ottobre 2018 (40%, se di primo grado; 15%, se di secondo grado). Queste percentuali valgono anche nell’ipotesi in cui la Ctp o la Ctr si sono pronunciate in qualità di giudici del rinvio.
Soccombenza parziale
Nei casi di reciproca soccombenza del contribuente e dell’Agenzia nell’unica o ultima pronuncia depositata al 24 ottobre 2018, si applicano sia la percentuale ridotta, stabilita per la soccombenza dell’Agenzia, sia quella del 100%, fissata per la soccombenza del contribuente. In particolare:
– in caso di reciproca soccombenza nella pronuncia della Ctp, si applica il 40% sulla parte del valore della lite per la quale la pronuncia ha statuito la soccombenza dell’Agenzia e il 100% sulla restante parte
– in caso di reciproca soccombenza nella pronuncia della Ctr, si applica il 15% sulla parte del valore della lite per la quale la pronuncia ha statuito la soccombenza dell’Agenzia e il 100% sulla restante parte.
5% del valore della controversia
Si applica solo se il ricorso pende innanzi alla Corte di cassazione al 19 dicembre 2018 (data di entrata in vigore della legge di conversione del Dl 119) a seguito di avvenuta notifica alla controparte e l’Agenzia è rimasta integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio (la soccombenza è determinata dal raffronto tra quanto richiesto dal contribuente e quanto deciso dal giudice e si considera “integrale” quando la domanda è stata accolta).
Liti aventi ad oggetto solo sanzioni
Le controversie relative alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite pagando:
– il 15% del valore della controversia, se l’Agenzia è risultata soccombente nell’ultima o unica pronuncia depositata al 24 ottobre 2018
– il 40% del valore della controversia, se il contribuente è risultato soccombente nell’ultima o unica pronuncia depositata al 24 ottobre 2018 o a tale data non è stata ancora depositata alcuna pronuncia oppure a seguito di pronuncia di cassazione con rinvio, per la quale è stata proposta riassunzione o pende il relativo termine.
Tali percentuali si applicano per tutti i casi di lite pendente, anche se in Cassazione ed eventualmente anche interessate da soccombenza integrale dell’Agenzia nei precedenti gradi di giudizio.
Per le liti riguardanti le sole sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono (sono quelle previste per le violazioni che hanno inciso sulla determinazione o sul versamento del tributo), occorre verificare se l’importo relativo agli stessi tributi sia stato comunque pagato. In tali casi, non va versato alcunché e la lite si definisce con la sola presentazione della domanda entro il 31 maggio 2019.
Invece, in caso di mancata definizione dell’importo concernente i tributi, le liti sulle sole sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono sono definibili sulla base delle percentuali descritte in precedenza, incluse quelle previste in caso di reciproca soccombenza (invece, se la reciproca soccombenza riguarda una lite che ha a oggetto solo sanzioni non collegate al tributo, per la definizione è dovuto il pagamento di un importo pari al 15% della parte del valore della lite per la quale l’Agenzia è risultata soccombente e del 40% della restante parte).
Importi scomputabili
Dall’importo lordo dovuto per la definizione vanno scomputati quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. In particolare, si tratta di tutti gli importi in contestazione di spettanza dell’Agenzia delle entrate, già pagati in esecuzione dell’atto impugnato (sono esclusi gli importi spettanti all’agente della riscossione, come aggi e spese per le procedure esecutive e di notifica), nonché delle somme pagate ai fini della “rottamazione-bis” (eccetto gli importi spettanti all’agente della riscossione).
Se si presenta la domanda di definizione delle liti pendenti, non vanno più versate le residue somme dovute per la rottamazione.
Se quanto versato in pendenza di giudizio o per la rottamazione risulta maggiore o uguale all’importo lordo dovuto per la definizione della lite, questa si perfeziona con la sola presentazione della domanda entro il 31 maggio, senza alcun versamento. In ogni caso, se le somme versate in pendenza di giudizio sono di importo superiore a quello lordo dovuto per la chiusura della lite, non spetta il rimborso della differenza.
Rettifica di perdite
Per la definizione delle liti originate dall’impugnazione di un atto di accertamento con cui sono state rettificate le perdite, occorre distinguere se il contribuente intende o meno affrancare la perdita.
Nella prima ipotesi, il valore della lite è dato dalla maggiore imposta accertata e le perdite rettificate non sono utilizzabili.
Nella seconda ipotesi, il valore della lite si ottiene sommando alle maggiori imposte accertate anche l’imposta “virtuale” commisurata all’ammontare delle perdite in contestazione: in tal caso, la definizione della lite comporta l’utilizzabilità delle perdite oggetto di rettifica (se la rettifica non ha comportato accertamento di imposte, il valore della lite è dato dalla sola imposta “virtuale”, ottenuta applicando le aliquote vigenti per l’annualità accertata all’importo risultante dalla differenza tra la perdita dichiarata e quella accertata).
Rapporti con la rottamazione-bis
Il perfezionamento della definizione della lite è subordinato al versamento, entro il 7 dicembre 2018, delle somme dovute per la rottamazione-bis in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018; in assenza di tale versamento, l’istanza di definizione della lite non viene accolta.
Perfezionamento della definizione, termini e modalità di pagamento
La definizione si perfeziona con il pagamento, entro il 31 maggio 2019, dell’intera somma da versare oppure della prima rata e con la presentazione della domanda entro lo stesso termine. Se non vi sono importi da versare, bisogna solo presentare la domanda.
Il pagamento rateale è ammesso esclusivamente se l’importo da versare supera 1.000 euro per ciascuna controversia. Sono possibili, al massimo, venti rate trimestrali di pari importo, di cui la prima scade il 31 maggio 2019, quelle successive il 31 agosto, 30 novembre, 28 febbraio e 31 maggio di ciascun anno a partire dal 2019. Se si sceglie un numero inferiore di rate, devono essere comunque di pari importo e corrisposte trimestralmente.
Sulle rate successive alla prima si applicano gli interessi legali dal 1° giugno 2019 fino alla data del versamento. Non è ammesso avvalersi dell’istituto della compensazione: in caso di pagamento tramite compensazione dell’intero importo o della prima rata, la definizione non si considera perfezionata e gli uffici notificano il diniego entro il 31 luglio 2020.
Per ciascuna controversia autonoma, va presentata una distinta domanda di definizione e va effettuato un separato versamento, anche nel caso in cui con il medesimo ricorso introduttivo siano stati impugnati più atti o se più giudizi siano stati riuniti dall’Organo giurisdizionale.
Il versamento va effettuato tramite modello F24, indicando i codici tributo istituiti con la risoluzione 29/2019.
Effetti del perfezionamento
Con il perfezionamento, la definizione agevolata retroagisce e prevale sull’efficacia di eventuali sentenze depositate prima del 24 ottobre 2018 e non passate in giudicato alla data di presentazione della domanda di definizione; tali sentenze cessano di costituire titolo per eventuali rimborsi o sgravi. Ciò, ovviamente, vale anche per le eventuali sentenze depositate dopo il 24 ottobre 2018.
Invece, in caso di controversia innanzi alla Corte suprema per la quale il contribuente non ha chiesto la sospensione del processo, la domanda di definizione presentata dopo l’eventuale deposito della sentenza di cassazione senza rinvio non produce alcun effetto sull’efficacia della pronuncia ormai definitiva.
Coobbligati
In presenza di più coobbligati, la definizione effettuata da parte di uno di essi esplica efficacia anche a favore degli altri.
Ciascun coobbligato solidale che si avvale della definizione non può scomputare dalle somme dovute per la definizione i versamenti già effettuati a titolo provvisorio dagli altri coobbligati che non si avvalgono personalmente della definizione. In altre parole, lo scomputo è ammesso solo per le somme versate in via provvisoria dagli altri coobbligati che si avvalgono a loro volta della definizione; in tal caso, il pagamento potrà essere fatto per la differenza da uno solo dei coobbligati e gli altri definiranno la lite con la sola presentazione della domanda.
Sospensione dei giudizi
Per la definizione delle liti pendenti non è prevista la sospensione automatica dei processi oggetto della definizione agevolata.
I giudizi definibili possono essere sospesi su richiesta del contribuente (o del suo difensore) rivolta al giudice presso il quale la causa è pendente, senza che dalla domanda conseguano effetti vincolanti per l’adesione. Presentata la domanda di definizione, il contribuente deve depositare, entro il 10 giugno 2019, copia della domanda e del relativo versamento (se dovuto) per ottenere la sospensione del giudizio fino al 31 dicembre 2020. La richiesta di sospensione può essere opportuna in particolar modo per le controversie pendenti in Cassazione, per evitare che il deposito della pronuncia della Corte definisca il giudizio, impedendo l’accesso alla definizione.
Sospensione dei termini di impugnazione
Per tutte le controversie definibili, sono automaticamente sospesi per nove mesi i termini, spiranti nel periodo tra il 24 ottobre 2018 e il 31 luglio 2019, per impugnare le pronunce, per riassumere la causa a seguito di rinvio e per proporre controricorso innanzi alla Cassazione.
Dalla sospensione automatica sono esclusi tutti gli altri termini processuali, compresi quelli per la proposizione del ricorso in primo grado e quelli per la costituzione in giudizio del contribuente e dell’ufficio nelle Commissioni tributarie.
I nove mesi di sospensione si aggiungono al termine di scadenza calcolato secondo le ordinarie regole processuali. La sospensione resta di nove mesi anche quando si sovrappone al periodo di sospensione feriale dei termini.
Diniego della definizione
Gli uffici dell’Agenzia devono verificare la regolarità della domanda e la ricorrenza dei presupposti richiesti per la validità della definizione. L’eventuale diniego di definizione, formalizzato in un provvedimento, deve essere notificato al contribuente entro il termine perentorio del 31 luglio 2020, scaduto il quale la definizione si ritiene validamente perfezionata.
Le verifiche devono riguardare la sussistenza dei presupposti, formali e sostanziali, per la validità e il perfezionamento della definizione. In particolare:
– la definibilità della lite (appartenenza alla giurisdizione tributaria, qualità di parte dell’Agenzia delle entrate, eccetera)
– il versamento entro il 7 dicembre 2018 delle somme dovute per la “rottamazione-bis”, in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018
– la tempestività della domanda di definizione, anche se non vi siano importi da versare
– il corretto ammontare degli importi versati
– la tempestività dei versamenti.
Il provvedimento di diniego è impugnabile, entro 60 giorni dalla notifica, con ricorso innanzi allo stesso giudice presso il quale la lite è pendente.
Estinzione del giudizio
I giudizi oggetto di definizione, per i quali il contribuente ha assolto l’onere di richiedere al giudice la sospensione fino al 31 dicembre 2020 mediante deposito della domanda di definizione e del relativo versamento, si estinguono automaticamente allo scadere della sospensione, salvo che la parte che ne abbia interesse presenti, entro lo stesso termine, l’istanza di trattazione.
I giudizi per i quali il contribuente ha presentato istanza di sospensione, senza poi presentare la domanda di definizione, allo scadere di quella data proseguono senza che sia necessario presentare istanza di trattazione.
Fonte:Fisco Oggi