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Gioco Lecito: è giunta l’ora di passare ad un “terzo livello di sviluppo”

6 Luglio 2012

Sintesi dell’intervento di Massimiliano Pucci, Pres. AS.TRO, Vice-Pres. Sistema Gioco Italia, al convegno di Roma “la dipendenza non è un gioco”.
Il gioco, in Italia, conosce tre possibili collocazioni differenti modelli di sviluppo.
Da un lato, vi è la realtà che si è affermata negli anni 1995-2002, caratterizzata da 800.000 videopoker gestiti senza alcuna forma di istituzionale controllo /verifica, privi di qualsiasi riferimento tecnico e normativo e fruiti dall’utenza in assenza di qualsiasi cautela/ informazione.
Possiamo affermare che di tale “era” non è lecito nutrire nostalgia, e le parole dell’allora Ministro del Tesoro Vincenzo Visco sui danni erariali – sociali – sanitari connessi a tale tipologia di offerta di gioco restano un monito per tutti.
Dall’altro lato, vi è la realtà odierna, che per mille e diverse ragioni, alcune anche condivisibili, ha generato una situazione di accesa conflittualità tra un sistema pubblico di gioco lecito regolamentato /tassato /controllato, e la volontà di tanti settori della politica e della civica esperienza, di tutelare l’utenza dal pericolo di “deriva in G.A.P”.
Per uscire da un modello che oggi risulta “vecchio” perché foriero di antagonismo illogico (essendo illogico contrastare una prerogativa pubblica “strappata” alla illegalità), occorre un terzo modello di sviluppo, ispirato ad una nuova mission.
Il gioco lecito /sicuro /conforme alle sensibilità che oggi si affermano sempre maggiormente sul fronte della tutela sociale delle fasce deboli, e della tutela dei territori, presuppone che si abbandonino le parole di censura – accusa – difesa , per passare ad un progetto pratico.
Il terzo livello, pertanto, è quello del “fare”, ovvero la confluenza delle conoscenze per capire come rendere quel gioco lecito, che serve allo Stato per  non “cadere” nel primo modello di sviluppo (a matrice anarchica), una autentica e stimata risorsa per il Paese, (e non un fattore di allarme sociale).
L’unica apprensione attiene alla tempistica, perché ad avviso di chi parla il tempo che si è perso a rincorrere “chi ha ragione e chi ha torto”, è stato troppo, così come la corda della disinformazione sul gioco a scopi denigratori è stata troppo tirata.  Chiudiamo questa fase, usciamo dal secondo modello di sviluppo, a cui riconosciamo di aver combattuto la criminalità e di aver costruito con tanti investimenti un sistema industriale a elevata performance erariale, a cui però è giunta l’ora di imporre un “aggiornamento” serio.
Per entrare nel terzo modello di sviluppo, a cui la FEDERAZIONE SISTEMA GIOCO ITALIA ha aperto la strada tramite alcune iniziative associative e di sensibilizzazione dei propri iscritti, servono, più che soldi a pioggia, progetti di mirata sinergia tra gli attori sensibili (industriali, operatori sanitari, operatori sociali, amministratori locali, Autorità di Controllo, esercenti e agenzie per la formazione del personale di sala, associazioni di categoria).
Per entrare nel terzo modello, bisogna decretare la fine del secondo. Ciò presuppone:
1.    la fine delle “parole” in virtù delle quali si dipinge una cittadinanza italiana a rischio epidemia di G.A.P. , per colpa di un settore del gioco ultra – ricco, privilegiato fiscalmente, poco trasparente, incentivante la corruzione dei costumi;
2.    la fine delle “parole” in virtù delle quali una industria lecita che lavora per lo Stato si debba difendere sui media, per tutelare una base occupazionale di 100.000 addetti (impiegati solo come diretta maestranza, senza contare l’indotto), e la sua produzione di gettito erariale di 10 miliardi l’anno di soli tributi di gioco ;
3.    l’inizio di un lavoro congiunto, coordinato istituzionalmente e ben strutturato in progetti concreti che consentano a tutti di beneficiare delle esperienze altrui, e non di denigrarle o porle in dubbio.
E’ chiaro che senza l’intervento serio e determinato della politica e senza una seria strutturazione progettuale il terzo livello resta utopia, così come resta utopia quella di pensare che anche in ITALIA si possa avere una capacità di azione similare a quella che, sul tema, ha per esempio avuto il primo Governo Labourista di Tony Blair. L’Inghilterra ci messo un secondo a capire
–    che per rendere il gioco compatibile con una società sana, il gioco stesso doveva essere solo ed esclusivamente canale di finanziamento dei servizi che servono alla società (destinazione di scopo dei proventi),
–    che per non “inflazionare” i punti vendita di gioco nei Territori, se ne dovessero aprire solo quelli che servivano all’industria per distribuire il prodotto, e non quelli dettati dalla contingente voracità erariale.
In Italia certi passaggi sono complessi, ma il punto di svolta per non mettere in ginocchio una industria (che comunque tutela la propria utenza attraverso il rispetto delle regole a cui è sottoposta e a cui sarà sottoposta), resta il nuovo modello di sviluppo illustrato.
La federazione di Confindustria – Sistema Gioco Italia, non è una realtà passive, e in attesa che si attui l’agognata svolta propone e mette in campo ciò che è nelle rispettive possibilità.
Codici di autoregolamentazione pubblicitaria, informazione responsabile nel punto e per il punto, sensibilizzazione verso la legalità, formazione specifica del personale nei locali dove il gioco è attività prevalente, sono tutte importanti iniziative, al pari del quotidiano dialogo che si cerca di instaurare con quelle Amministrazioni Comunali che mirano a tutelare la compatibilità tra iniziativa economica e interesse pubblico.
A ciò si aggiunge che ogni appello alla collaborazione che viene rivoltoci dalle Organizzazioni dedite all’assistenza dei giocatori problematici è puntualmente raccolto, purché “coinvolgente”, ovvero concretizzante un “fare insieme”, che dia pubblicamente atto che non esiste conflitto di interesse tra imprenditore di gioco e operatore del sociale.  
Concludo ringraziando per l’opportunità di dialogo e riflessione concessa alla rappresentanza imprenditoriale del gioco lecito, rinnovando a tutte le realtà oggi presenti, l’invito ad accettare la sfida della modernità, e del varo del nuovo modello di sviluppo per il gioco lecito.  Mi permetto di sottolineare un ringraziamento particolare nei confronti dell’associazione  Primo consumo, nei cui confronti esprimo il sincero auspicio di poter avviare quanto prima una intensificazione di confronto e di progettualità, e con la quale vorrei trovarmi qui, tra un anno, a illustrare alla società civile i passi avanti compiuti sul tema oggi in discussione, grazie ai progetti realizzati “insieme”.

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