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I dati della raccolta di aprile: slot a 2.552 milioni di euro

27 Maggio 2010

Gennaio: 2.559 milioni di euro. Febbraio: 2.342 milioni. Marzo: 2.605 milioni. Aprile 2.552 milioni. Un andamento di spicco, dal quale scaturisce una media mensile del prima quadrimestre 2010 pari a 2.514 milioni di euro. I freddi dati della raccolta dei giochi sono quasi sempre veicolati al fine di indicare un trend, ovvero per confrontare le diversità caratterizzanti il medesimo arco temporale negli anni precedenti.

Per adesso, invece, dopo appena un quadrimestre statistico a disposizione, ci si limita a richiamare la “tesi” di AS.TRO, ovvero l’analisi pubblicata sia su Infogaming che sul sito Web, in virtù della quale esiste un preciso traguardo che il settore deve auspicare possa essere raggiunto dalla “raccolta del volume di gioco delle AWP”, ovvero il superamento dei 30 miliardi di raccolta (possibili con una media che superi i 2.500 milioni al mese).

Oltre agli effetti fiscali che questa raccolta produrrebbe, sia in termini di collocazione della raccolta sugli scaglioni di abbattimento, sia in termini di oggettiva importanza erariale che il comparto riuscirebbe ad acquisire, il significato politico che potrebbe assumere l’”agognato risultato” sarebbe oltremodo rilevante.

La riflessione che discenderebbe da una performance di raccolta così rilevante (registrata nel primo anno in cui tutto il parco slot si presenta costituito dagli apparecchi con smart card e software di gioco innovativi, con una consistenza numerica stabile, se non addirittura inferiore, rispetto al 2009), dovrebbe far leva su tre “concetti forti”:

          gli apparecchi di nuova generazione hanno una capacità di esercizio oggettivamente elevata e una capacità stabile/lievemente crescente di fidelizzare le scelte di spesa dell’utente: trattasi quindi di prodotti validi, o per meglio dire di prodotti che – su scala nazionale – vengono gestiti “a valle” (cioè dai gestori), secondo principi di ottimizzazione di resa (che ovviamente “costano” non potendo essere svincolati da investimenti continui per il loro aggiornamento, spostamento, manutenzione);

a corredo di questa preliminare valutazione si affianca l’osservazione attinente i perduranti modesti parametri di esercizio delle AWP, ferme al montepremi del 75%, al modesto premio massimo per partita in ragione di 100 euro, all’attivazione del gioco solo con moneta metallica.

          la ipotizzabile base di utenza degli apparecchi, quindi, inizia ad allargarsi, in quanto non è più collegabile il dato dell’aumento della raccolta di gioco al dato dell’aumento quantitativo del parco – macchine; ciò significa che l’evoluzione dei programmi di gioco si sta concentrando sul problema che caratterizzava l’avvio delle awp di nuova generazione, ovvero il limitato periodo medio giornaliero di esercizio dei congegni (profilo legato a quello che i tecnici chiamano la “giocabilità”);

          la proiezione di liquidazione P.R.E.U. 2010, ascrivibile alle AWP (al LORDO dell’esordio delle VLT), si assesta sui 3,6 miliardi di euro; il peso specifico di tale importo potrebbe poi aumentare sensibilmente in considerazione del fatto che il GIOCO non ricorre ad ammortizzatori sociali per il mantenimento di una sovradimensionata base occupazionale, non ha avuto accesso a neppure un euro di credito di imposta nonostante il carattere forzato del ricambio generazionale dei congegni e la rapida obsolescenza commerciale degli stessi, non incide sulla spesa della P.A. come gli altri comparti, in quanto la sua Autorità di controllo e gestione è dotata di bilancio autonomo in gran parte alimentato da AGGI che si sommano ai prelievi erariali, riscossi direttamente dai soggetti passivi di imposta.

Queste cifre ovviamente non comprendono l’incidenza dell’illegalità nel settore, fenomeno presente e pesantemente impattante sui numeri, benché non sia tale da giustificare la becera immagine che connota il settore in un panorama dell’informazione e in un dibattito politico ancora prigionieri di ideologie preconcette e scarso approfondimento tematico.

Questi dati rivelano la necessità politica di iniziare un serio percorso di tutela del settore, come di tutto il sistema gioco – lecito, unitamente alla messa in sicurezza di un patrimonio erariale la cui lesione comporterebbe l’immediato ricorso a impopolari manovre di Finanza pubblica; il fatto, poi, che le AWP rappresentino il 49% di tutto l’introito del settore GIOCO-SCOMMESSE-LOTTERIE, rende ancora più evidente la impellenza di un maggior coinvolgimento delle realtà produttive del settore awp nei processi decisionali della politica.

La conclusione di tale analisi, allo stato ancora non esaustiva e di mera proiezione, si focalizza, poi, sulla natura specifica degli interventi che i dibattiti interni al settore evidenziano come richieste politiche al Governo, ovvero provvedimenti normativi di incidenza vicino allo zero sotto il profilo della spesa.

Il settore, infatti, proprio perché è consapevole

          dello stato di crisi dei conti pubblici,

          della reale incidenza specifica dell’illegalità e della sostanziale penetrabilità del sistema illegale da parte degli Organismi di Controllo,

          delle possibilità di sviluppo dell’industria del gioco in un
ottica di sempre maggiore tutela del giocatore,

non avanza tout cour richieste di abbassamento del PREU pure e semplici, così come non propone misure “per guadagnare di più”, limitandosi a rappresentare l’esigenza di studiare accorgimenti regolamentari che consentano alle aziende “di perdere di meno”, ovvero di “razionalizzare costi e risorse aziendali”, in ragione delle peculiarità specifiche che connotano i processi aziendali delle imprese di gestione. A titolo puramente esemplificativo, infatti, chiedere

– l’abolizione della commissione bancaria sulla lavorazione della moneta metallica,

– l’introduzione di una seria sanzione penale che consenta un energico intervento nei casi di flagrante violazione alle più fondamentali norme sul gioco lecito (si pensi alla bisca o alla sala scommesse clandestine, all’apparecchio da gioco clandestino, all’allestimento di un server illegale per un casinò on line),

– l’ammortamento fiscale degli hardware – software per il gioco lecito, in due anni,

– la parziale deducibilità fiscale delle perdite strutturali (certificabili) dei congegni di trattazione del denaro,

– un albo dei gestori che sancisca requisiti e diritti di una categoria che ha mostrato di sapersi proporre come ausiliario tecnico – operativo per i concessionari di gioco, finalizzato a tutelare tali operatori dai competitors che violano le regole;

– un contratto collettivo di lavoro per gli addetti al comparto, che sancisca, tra l’altro, il carattere sensibile delle conoscenze a cui il lavoratore ha accesso per lo svolgimento delle sue mansioni, ecc. ecc. ecc.

significa avanzare rivendicazioni che non alterano capitoli di spesa pubblica, ma richiedono solo “impegno politico”.

Sul fronte della tassazione, poi, è evidente che un “confronto” dovrà aprirsi, quanto meno per instaurare “il principio” del confronto stesso, abbandonando il “singolare” status quo caratterizzato dalla inopportuna e costante dimenticanza circa l’esistenza di una rappresentanza associativa di settore, cui rapportarsi per “verificare” i presupposti di mantenimento di svariati miliardi di euro di entrare erariali.

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