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I “giochi promozionali” sono davvero leciti? La circolare Aams fa chiarezza, prodotto illegale

23 Luglio 2010

1. Con circolare 20 luglio 2010 (prot. n. 2073/Strategie/UCA), avente ad oggetto «esercizio e raccolta gioco da remoto», l’AAMS ha fornito alcuni importanti chiarimenti relativamente all’installazione ed utilizzo di apparecchi terminali collegati alla rete internet all’interno degli esercizi pubblici in seguito alla recente entrata in vigore del D.L. n. 40 del 2010 (cd. decreto “incentivi”), convertito nella legge n. 73 del 2010.
Dalla lettura del combinato disposto dei commi 2-bis e 2-ter contenuti nell’art. 2 del D.L. citato si comprende chiaramente come il legislatore abbia ribadito l’esigenza di canalizzare qualsiasi attività di gioco e scommessa effettuata per il tramite dei predetti apparecchi terminali all’interno del circuito concessorio ed autorizzatorio al fine di tutelare non soltanto l’ordine pubblico e la sicurezza ma anche il consumatore giocatore.
2. In particolare, l’Amministrazione ha colto l’occasione per rilevare l’illegittimità di taluni prodotti di gioco – denominati nella prassi “giochi promozionali” – che vengono offerti ai consumatori giocatori in assenza dei titoli abilitativi previsti dalla normativa vigente.
Tali prodotti ludici, incorporati all’interno di apparecchi terminali collegati alla rete internet da installare presso pubblici esercizi e circoli privati, verrebbero offerti liberamente al pubblico, senza cioè munirsi preventivamente di un titolo concessorio ed autorizzatorio.
3. La commercializzazione e diffusione dei cd. “giochi promozionali” potrebbe apparire lecita ove si proceda ad una lettura sommaria ovvero strumentale della direttiva comunitaria n. 31 del 2000 relativa al “commercio elettronico”, poi recepita dall’ordinamento italiano con D. Lgs. n. 70 del 2003.
La direttiva 31/2000/CE prevede, infatti, in linea di principio, che la prestazione e l’esercizio dei servizi della società dell’informazione (il cd. “commercio elettronico”) non siano soggetti ad autorizzazione preventiva o ad altri requisiti di effetto equivalente.
D’altra parte, l’art. 1, comma 5 della direttiva esclude dal proprio ambito di applicabilità «i giochi d’azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese le lotterie e le scommesse» ed in termini pressoché analoghi si esprime il “considerando” n. 16 contenuto nelle premesse che, tuttavia, afferma «l’esclusione dei giochi d’azzardo dal campo d’applicazione della presente direttiva […] non riguarda le gare promozionali o i giochi che hanno l’obiettivo di
incoraggiare la vendita di beni o servizi e in cui gli eventuali pagamenti servono unicamente ad acquisire i beni o i servizi promossi».
Cosicché, sulla scorta di tale “considerando”, i cd. “giochi promozionali” potrebbero essere offerti ai consumatori giocatori senza munirsi di alcun titolo concessorio e/o autorizzatorio da parte dell’AAMS, a condizione che gli stessi perseguano l’obiettivo di «incoraggiare la vendita di beni o servizi» e «in cui gli eventuali pagamenti servono unicamente ad acquisire i beni o i servizi promossi».
4. Ciò posto, chi scrive dubita tuttavia della legittimità dell’offerta dei prodotti ludici in parola anche al di là del rispetto o meno dei limiti indicati nel considerando n. 16, nonché di quelli previsti dalla vigente normativa del comparto – limiti opportunamente evidenziati dall’AAMS nella circolare in commento – ed indipendentemente dalla sussistenza di elementi aleatori, per le seguenti ragioni che possono così riassumersi:
a) l’offerta dei cd. “giochi promozionali”, quale forma di “commercio elettronico” svincolata dalla necessità di un’autorizzazione preventiva e dal rispetto delle regole dettate dall’autorità di
regolazione del comparto, è indicata soltanto all’interno di un “considerando” (come detto, il n. 16) della direttiva comunitaria n.31 del 2000 ma non viene poi confermata all’interno delle disposizioni della medesima che, al contrario, inequivocabilmente stabiliscono «i concorsi o giochi promozionali, qualora siano permessi dallo Stato membro in cui è stabilito il prestatore, devono essere chiaramente identificabili come tali; le condizioni di partecipazione devono essere facilmente accessibili e
presentate in modo chiaro ed inequivocabile» (art. 6, comma 1 lett. d). Ai sensi di tale disposizione, dunque, i giochi promozionali non soltanto devono essere «chiaramente identificabili come tali»
ma addirittura devono essere «permessi dallo Stato membro in cui è stabilito il prestatore»;
b) il D. Lgs. n. 70 del 2003, nel recepire la direttiva n. 31 del 2000, consapevole dell’esistenza della riserva allo Stato dei servizi di gioco e scommessa, discendente dall’art. 43 Cost. e dall’art. 1 D.
Lgs. n. 496 del 1948, non ha considerato i cd. “giochi promozionali” quale forma di libero “commercio elettronico”, come si evince chiaramente dall’art. 1, comma 2 secondo cui «Non rientrano nel campo di applicazione del presente decreto: […]
g) i giochi d’azzardo, ove ammessi, che implicano una posta pecuniaria, i giochi di fortuna, compresi il lotto, le lotterie, le scommesse i concorsi pronostici e gli altri giochi come definiti dalla normativa vigente, nonché quelli nei quali l’elemento aleatorio è prevalente». Del resto, i giochi promozionali non
vengono neppure menzionati dal predetto D. Lgs., il quale, anzi, all’art. 8 ribadisce che l’informativa relativa alla comunicazione commerciale deve evidenziare «che si tratta di concorsi o giochi
promozionali, se consentiti, e le relative condizioni di partecipazione»;
c) i “consideranda” contenuti nelle premesse delle direttive comunitarie non possono mai prevalere sulle disposizioni normative in esse contenute né soprattutto su quelle nazionali di recepimento qualora si tratti, come è per la direttiva n. 31 del 2000, di atti non self executing.
Del resto, l’impossibilità di invocare la direttiva n. 31 del 2000 a sostegno dell’asserita “libertà” dell’offerta di gioco promozionale praticata mediante apparecchi terminali collegati alla rete internet è stata di recente stigmatizzata dalla stessa Corte di Cassazione con sentenza 2 marzo – 29 marzo 2010 n. 12387.
5. Per quanto sopra esposto, l’offerta e commercializzazione dei cd. “giochi promozionali” non soltanto finisce per rappresentare un’elusione delle funzioni di controllo e gestione spettanti all’AAMS ma rischia di tradursi anche in una pratica commerciale scorretta in danno dei consumatori giocatori ai sensi del combinato disposto delle lett. d) e i) del comma 1 dell’art. 23 del Codice del Consumo (D. Lgs. n. 206 del 2005, e s.m.i.) che considera «in ogni caso» ingannevoli le seguenti condotte praticate B2C (Business to consumer): «asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni dell’autorizzazione, dell’accettazione o dell’approvazione ricevuta»; «affermare, contrariamente al vero, o generare comunque l’impressione che la vendita del prodotto è lecita» (per «prodotto» intendendosi anche una «prestazione di servizi» ai sensi dell’art. 3, comma 1 lett. e).

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