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Iaccarino verso un nuovo modello (parte 1)

19 Giugno 2018

Sono tre le questioni sollevate nelle più recenti interviste dell’On. Di Maio e diffusamente riprese da altri esponenti del Movimento che meritano particolare attenzione.

Innanzitutto il Vice Premier dichiara guerra totale ad ogni forma di pubblicità e promozione del gioco.

Assicura poi che “nessuno vuole eliminare del tutto il gioco perché finirebbe in mano alla criminalità organizzata”.

Chiude infine affermando che c’è molto da fare per razionalizzare il settore, a cominciare dalla regolamentazione dei punti di gioco, annunciando il divieto di installare slot vicino alle scuole, prevedendo un limite per città.

Sia pure con un’alta percentuale di astrattezza , questi sembrano essere i punti cardine della “politica in materia di gioco” che questo Governo intende adottare.

Tralasciando considerazioni di merito sul primo punto ( una limitazione tanto forte quanto confusa è già prevista dalle norme vigenti), vale la pena approfondire le altre affermazioni riportate.

Per la prima volta viene riconosciuta la stretta correlazione tra assenza di regolamentazione e diffusione del gioco illegale da parte della criminalità organizzata.

L’approccio al gioco da parte di chi è titolare del potere di regolamentazione non può prescindere dalla consapevolezza di dover contemperare tre diverse esigenze:

– di salute pubblica, ponendo in essere le misure necessarie a contrastare devianze e dipendenze , determinate da quella diffusione del disturbo da gioco d’azzardo che è da tempo oggetto di allarme sociale;

– di ordine pubblico, al fine di evitare che un’attività industriale ad alto contenuto tecnologico venga abbandonata nelle mani di organizzazioni criminali;

– di ordine sociale ed economico, tenendo conto che il settore del gioco, per limitarci al mondo dell’automatico, occupa direttamente svariate decine di migliaia di addetti, con un aumento esponenziale se si ricomprende l’indotto e la distribuzione finale.

Ed ha una valenza sociale anche l’aspetto erariale; le entrate che il settore del gioco assicurano allo Stato non possono ritornare, sia pur parzialmente, alle organizzazioni criminali. Si avrebbe una doppia beffa per il cittadino contribuente, chiamato a nuovi sacrifici – o a rinunciare a servizi pubblici- per reintegrare risorse non più disponibili, quando non dirottate verso operatori illegali.

Se questo è il quadro che il decisore pubblico si trova davanti, non vi è dubbio che debba avere il coraggio di misurarsi con i problemi evitando le suggestioni di scelte facili quanti superficiali, quelle scorciatoie che non portano da nessuna parte.

Ben venga, allora, un intervento che permetta di superare la frammentazione e la disomogeneità delle regolamentazioni adottate in questi ultimi anni dai diversi organismi territoriali.

E che smascheri l’ipocrisia sottostante alla proliferazione dei cosiddetti luoghi sensibili ed al continuo ripensamento su distanze e orari in senso sempre più limitativo.

Sono misure espulsive, e se ne è resa conto anche parte della Giustizia amministrativa, cui la parte oscura degli operatori di gioco sta rispondendo con la diffusione a pioggia di apparecchi da gioco irregolari, tanto più pericolosi in quanto privi di qualsiasi forma di tutela per il malcapitato che vi si accosti.

La creazione del cosiddetto “sistema del gioco pubblico”, a partire dal 2003, ha cercato di dare risposte razionali proprio alle esigenze descritte. Ed ha fatto emergere realtà, fenomeni e numeri che già esistevano ma che nessuno strumento era in grado di rilevare così compiutamente.

Sicuramente, a distanza di quindici anni, può essere necessario ripensare il modello per renderlo adeguato alle nuove realtà e sensibilità. Ma sarebbe un grave errore non tenere conto del lavoro di questi anni.

E ripensare il modello non può prescindere dalla partecipazione di quegli operatori che hanno scommesso -è proprio il caso di dirlo- sul “gioco legale” e che stanno mettendo in campo innumerevoli forme di collaborazione con gli Enti locali per la formazione, l’informazione e il contrasto alle pratiche illegali.

Sono questi operatori le prime vittime di ogni strategia espulsiva.

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