La relazione del consigliere Maestrelli al convegno di Bastia Umbria
Il punto di vista di un operatore (e di una associazione di operatori) secondo il quale impronta etica di una industria ed equa resa aziendale sono concetti compatibili e virtuosi.
In un clima di preconcetto antagonismo al gioco, ma soprattutto di carente conoscenza delle basi distintive del gioco lecito rispetto al gioco illegale, si è tenuto il confronto di Bastia Umbria, nel cui ambito è emersa la necessità di introdurre un po’ di rigore scientifico e di coerenza intellettuale anche tra coloro che si propongono di tutelare i cittadini dalle conseguenze derivanti dalla fruizione irresponsabile e patologica del servizio gioco.
Il lavoro dell’operatore di gioco si fonda su un unico concetto, ovvero l’aggettivo LECITO a fianco della parola gioco, in quanto in assenza di questo requisito c’è la pura illegalità.
Il concetto odierno di LECITO è particolare e diverso rispetto al passato, ante 2003.
Per Lecito non si intende “tollerato”, “non espressamente vietato”, “assoggettato ai confronti legali tra tesi giuridiche contrapposte”. Oggi LECITO significa assoggettato ad una disciplina che regola preventivamente nascita – gestione – distribuzione – tassazione – indici di sviluppo obbligatori – marginalità di ricavo – sensibilità sociale.
Giova anticipare, e vedremo perché, che il GIOCO LECITO è l’attività con la più ridotta marginalità di ricavo di tutta l’industria l’Italiana, e ciò impone agli operatori di essere industriali e non raccoglitori di debolezze sociali.
L’operatore “vero” denuncia la ludopatia come fenomeno di aggressione:
ii. al proprio impegno di informare l’utenza sulle modalità di fruizione innocua del gioco (ad esempio tramite il mensile AS.TRO infogaming)
iii. alla sicurezza generale del gioco e alla sua mission antagonistica rispetto alle forme illegali di gioco.
Perché il gioco lecito ha scarsa resa in termini di utili?
E’ quindi importante rimarcare che c’è una parte di settore che non ha mai chiesto allo Stato di abbassare le imposte, ma di razionalizzarle e di ottimizzare gli strumenti normativi sulla disciplina d’azienda, unitamente a qualche maggiore sforzo pubblico sul contrasto all’illegalità.
Perché LA LUDOPATIA MINACCIA l’industria dell’intrattenimento? Semplice. Come ogni industria, anche il gioco lecito opera nel territorio e sul territorio, e trae dal territorio la sua forza lavoro e la sua utenza; gestire l’impatto che una industria esercita sul territorio è il compito dell’industria, e la ludopatia – per noi – equivale a un eventuale inquinamento delle acque cagionato da una industria chimica. E’ UN ORRORE.
Nel caso del gioco – poi – questa responsabilità si fa delicata perché può nascere anche a seguito di diligenza applicata in quanto è dimostrato che il GIOCO IN SE’ si presta (come l’alcool) ad essere terreno di pascolo delle preesistenti carenze psicologiche e intellettive di un soggetto, che ad un certo punto, finisce per presentarsi malato di gioco, ma in realtà ha solo scelto il gioco come oggetto su cui esercitare la sua preesistente patologia.
L’operatore industriale ricerca soluzioni per allontanare la ludopatia dal suo ambito: