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LA REPLICA DI ASTRO AL QUOTIDIANO ECO DI BERGAMO

8 Novembre 2023

Pubblichiamo di seguito la lettera di replica inviata al Direttore responsabile del quotidiano Eco di Bergamo, in riferimento all’articolo apparso sull’edizione del 7 novembre scorso, dal titolo “Non può prevalere la cultura dell’azzardo”.

“Bologna, 08 novembre 2023

                                                                                                      Spett.le Redazione Eco di Bergamo

                                                                                                     Alla c.a. del Direttore Responsabile

                                                                                                                            Dott. Alberto Ceresoli

Egregio Direttore,

in qualità di associazione di rappresentanza degli operatori del gioco lecito proponiamo alcune nostre riflessioni in merito alla lettera aperta, sottoscritta da diverse associazioni del terzo settore, pubblicata sull’edizione del 7 novembre 2023 del vostro quotidiano, il cui articolo, a firma di Alessio Franchina, è intitolato <<Non può prevalere la cultura dell’azzardo>>.

Il tema, posto nella lettera aperta, su cui intendiamo concentrare le nostre riflessioni è quello del rapporto tra gioco legale e gioco illegale: nella lettera si nega, in sostanza, il ruolo del gioco legale come argine all’illegalità e questo assunto sarebbe dimostrato, ad avviso dei suoi autori, proprio dai noti fatti di cronaca che hanno coinvolto dei calciatori professionisti.

Il corollario (più o meno implicito) di questa tesi è che l’eliminazione o un forte ridimensionamento del sistema del gioco pubblico legale non avrebbe conseguenze negative sulla tutela dei giocatori e dell’ordine pubblico e, d’altro canto, apporterebbe dei benefici nel contrasto al fenomeno della dipendenza da gioco.

il fatto che i giocatori coinvolti, i quali hanno ammesso di essere ludopatici, siano riusciti a trovare facilmente nel mercato clandestino la giusta offerta per soddisfare le loro pulsioni, la dice lunga su quanto lo smantellamento del mercato legale possa rivelarsi utile nella lotta alla ludopatia.

Nel manifestare le nostre perplessità rispetto alla tesi secondo cui il mercato legale non toglierebbe spazi a quello illegale, non intendiamo, in questa sede, troncare ogni discorso appellandoci alle innumerevoli dichiarazioni (che sarebbero, da sole, sufficienti a smentire l’assunto contenuto nella lettera) sull’importanza del gioco legale come argine alla criminalità rilasciate da numerosi magistrati ed esponenti apicali delle forze dell’ordine, impegnati in prima linea nella lotta alle organizzazioni criminali.

Vogliamo, invece, approfondire il discorso perché non intendiamo sottovalutare l’enorme e giustificato disagio manifestato dai sottoscrittori della lettera.

Seguendo il loro ragionamento, proviamo quindi ad immaginare lo scenario che scaturirebbe dall’eliminazione dell’offerta legale o da un suo drastico ridimensionamento.

Tale ragionamento presuppone che quello spazio di mercato, attualmente occupato dal gioco legale, resterebbe uno spazio vuoto perché tutti i giocatori che ad esso si sono finora rivolti smetterebbero, di punto in bianco, di giocare.

Dimenticano forse quello che accadeva in Italia prima della legalizzazione: videopoker illegali piazzati in quasi tutti i bar e tabaccherie (privi di qualsiasi garanzia di affidabilità per i giocatori), scommesse clandestine (ben due scandali che hanno coinvolto il mondo del calcio negli anni ’80), bische nei retrobottega e quant’altro servisse alla criminalità organizzata per salvaguardare un mercato di cui deteneva il monopolio e che rappresentava la sua principale fonte di business. La polvere era nascosta sotto il tappeto, di ludopatia non si parlava e non c’erano ancora internet e gli smartphone come moltiplicatori di “opportunità”.

Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dagli autori della lettera, il fenomeno non smetteva di dilagare, nonostante l’encomiabile sforzo profuso dalla magistratura e dalle forze dell’ordine per combatterlo.

Immaginare che lo spazio liberato eliminando il gioco legale possa azzerare la domanda che ad esso si rivolgeva rappresenta un’ipotesi talmente velleitaria che stentiamo a credere che gli stessi autori della lettera possano prenderla seriamente in considerazione.

Quindi, volendo anche immaginare, ottimisticamente, che, per effetto dello smantellamento del sistema del gioco pubblico legale, la metà dei suoi attuali fruitori smetterebbe di giocare, occorre prendere atto che la restante metà si rivolgerebbe all’offerta clandestina.

Una cifra pari a 65 miliardi di euro (corrispondente alla metà della attuale raccolta che ora confluisce nel gioco legale) si aggiungerebbe quindi ai già ingenti flussi di denaro sporco che transitano nei canali gestiti dalla criminalità e circa 6 miliardi di euro (corrispondente alla metà dell’attuale gettito fiscale derivante dall’intero settore del gioco legale per effetto dell’imposizione speciale ad esso riservata) verrebbero sottratti dalla casse dello Stato per confluire in quelle della criminalità (lo stesso discorso riguarderebbe la metà dei contributi previdenziali attualmente pagati dai dipendenti delle imprese del gioco legale e per la metà delle imposte generali – come, ad esempio, l’IRES o l’IRPEF – oggi gravanti su dette imprese).

Lo Stato dovrebbe poi farsi carico delle famiglie dei circa 100mila dipendenti delle imprese del gioco legale che perderebbero il lavoro.

Ipotizzando, invece, il contrapposto scenario (purtroppo utopistico, a differenza del precedente che è, invece, realizzabile), rappresentato da un mercato del gioco interamente occupato dall’offerta legale, vedremmo, ad esempio, che tali noti calciatori sarebbero stati fortemente scoraggiati dal giocare perché non avrebbero goduto della possibilità di salvaguardare il loro anonimato e neanche avrebbero potuto trafficare con le ingenti somme che hanno invece potuto immettere nel mercato clandestino.

Quindi, il primo esempio ci induce a riconoscere che il gioco legale esercita un ruolo di argine alla criminalità, se non altro per il fatto di “occupare uno spazio” che, per quanto piccolo ci vogliano far credere che sia, riesce comunque a delimitare parte del perimetro entro cui la criminalità potrebbe espandersi.

Il secondo esempio ci dimostra, invece, che il mercato del gioco legale è parte di quel sistema complesso comunemente definito come “sistema Paese”: le regole che lo permeano sono correlate e funzionali al rispetto di altre norme poste a salvaguardia di valori e interessi superiori della collettività o delle sue articolazioni intermedie (come, ad esempio, quelle poste dalle federazioni sportive a tutela della lealtà sportiva).

Chiediamo quindi ai sottoscrittori della “lettera aperta” se il fatto che dei ricchissimi calciatori professionisti, nonostante l’esistenza del gioco legale, siano comunque riusciti a trovare, nel mare magnum di internet, un’altra strada per violare le regole sulla tracciabilità dei flussi finanziari e trasgredire ai principi di lealtà sportiva, sia un argomento sufficiente per debellare un sistema che è preordinato, tra le altre cose, anche alla salvaguardia proprio di quelle regole e di quei principi.

Inoltre, dal momento che è, onestamente, inaccettabile l’automatica equiparazione tra il gioco d’azzardo e la ludopatia – al pari di come sarebbe assurdo ritenere che tutti coloro che bevono vino siano necessariamente degli alcolizzati – riteniamo che il gioco legale debba continuare a rappresentare una “opzione” praticabile per quei giocatori responsabili che non intendono farsi carico dei rischi derivanti dall’utilizzo di prodotti di gioco non regolamentati e dal doversi rivolgere a degli interlocutori criminali.

La rappresentazione del gioco pubblico legale come “occupazione di uno spazio” che, seppur non possa estendersi fino ad occupare l’intero spazio attualmente occupato dalla criminalità, impedisce ad essa di occupare l’intero mercato del gioco, unitamente all’idea che il gioco legale possa continuare ad essere un’“opzione” praticabile da chi intenda giocare responsabilmente, ci appaiono degli utili argomenti per contrastare ogni indebita equiparazione tra questi due mondi così tanto differenti.

RingraziandoVi anticipatamente per la pubblicazione della presente lettera, porgiamo i nostri più Cordiali saluti.

Il Presidente Assotrattenimento2007 AS.TRO – Confindustria SIT

Massimiliano Pucci”

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