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La sentenza della Corte Costituzionale che boccia i “sindaci sceriffi”: Il commento della pronuncia (Parte I)

12 Aprile 2011

La sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 4 aprile 2011, costituisce un’importante pronuncia relativa ai poteri dei Sindaci, imponendo una accurata riflessione sulla effettiva portata del principio di eguaglianza dei Cittadini. Come si vedrà all’esito dell’estenuante percorso argomentativo adottato dalla Corte, infatti, il perno giuridico attorno al quale ruota il pronunciamento, è proprio la censura di quell’effetto discriminatorio che fisiologicamente si crea, laddove bastino pochi kilometri per assoggettare imprese e cittadini a obblighi giuridici diversi e potenzialmente condizionanti aspetti sensibili dell’iniziativa economica e del vivere quotidiano. Nell’anno in cui si è festeggiato il centocinquantesimo compleanno dell’unità d’Italia, quindi, giunge questo monito a considerare inviolabile il diritto del cittadino e della impresa residenti sul suolo italiano a non imbattersi in localismi frustranti l’unitarietà dell’ordinamento giuridico.
Sul fronte delle slot, poi, gli operatori hanno spesso denunciato come il singolo COMUNE che disponga una limitazione di orario di esercizio agli apparecchi da intrattenimento, non sortisca altro effetto se non quello di favorire le imprese e gli esercizi collocati al di fuori di quel territorio, adottando una filosofia di carattere sanzionatorio nei confronti di costumi privati e di lecite aziende non gradite alla locale politica.
Tutto nasce da una disposizione di legge, l’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come sostituito dall’art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125, nella parte in cui consente che il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotti provvedimenti a «contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato», al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minaccino la sicurezza urbana, anche fuori dai casi di contingibilità e urgenza. La norma, subito ri-battezzata come la creazione c.d. dei Sindaci – Sceriffi, è stata accompagnata da un movimento di opinione che la considerava antidoto necessario e sufficiente per contrastare (tra l’altro) l’invasività degli immigrati (regolari) nelle liste di aggiudicazione degli alloggi popolari e dei posti negli asili, e per reagire “in chiave repressiva” nei confronti delle persone il cui disagio disturbasse il decoro di una società refrattaria alla comprensione del “diverso”. Sicurezza pubblica ne ha contraddistinto il nome, epurazione elitaria dei microcosmi cittadini ne aveva salutato l’entrata in vigore. Lo stridore apparente con i principi costituzionali era stato inizialmente calmierato dall’assunto secondo il quale l’”eletto” dalla cittadinanza doveva assumersi la responsabilità delle proprie azioni (ed eventuali inerzie), al cospetto dei fattori di disturbo della società.
Come ha osservato la Corte, invece, la trasformazione del Sindaco in una entità di legiferazione ordinaria, autonoma e parallela rispetto alle assemblee elettive riconosciute come fonte del diritto, non è compatibile con un assetto Costituzionale che considera (sì) il Sindaco (tra l’altro) Ufficiale di Governo, ma soprattutto guida (e non padrone) di un organo che riceve Legittimazione da una assemblea elettiva.
Eviscerare queste conclusioni non è stato facile, e la Corte Costituzionale ha fatto ricorso ad una ricostruzione normativa degli equilibri nomativi, che si apprezza più come lectio magistralis di diritto pubblico che come “semplice” censura di erroneità di una “semplice” norma. La sentenza, quindi, pare ispirata dal sentimento di “guidare” il Legislatore ad abbandonare la strada della “semplificazione normativa”, ovvero della traslazione del potere normativo dagli organismi collegiali a quelli monocratici di governo.
Se al settore del gioco lecito potrà “bastare” il riscontro immediato che ciò potrà sortire sul campo delle rispettive imprese, ovvero la facilità di contrasto dei provvedimenti sindacali che si prefiggono una sanzione afflittiva all’operatività delle slot, il generale contesto industriale e politico dovrà altresì farsi carico della comprensione di tutti gli insegnamenti forniti dalla Corte Costituzionale.

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