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La wi-fi cittadina “banna” i siti di gioco: limitazione, discriminazione, o agevolazione dell’illegalità?

19 Luglio 2017

Gli iscritti AS.TRO non hanno siti per il gioco on line, ma l’idea di poter salvare solo pezzetti del gioco “di Stato”, o peggio, solo quelli che più fanno comodo, è un auto-gol a cui non ci è mai prestati.

Tutto il gioco lecito ha dei problemi, tutto andrebbe “affinato” e “razionalizzato”, e tutto deve poter vedere “un domani” che mantenga l’idea (finché ci si crede) che un servizio così sensibile, e con una platea di utenti da 30 milioni di persone, non può che essere governato, tutelato, protetto e regolato dallo Stato, per il tramite di un sistema che deve sapersi imporre sulle offerte non autorizzato di gioco d’azzardo.

Come si censurano le discriminazioni del gioco lecito terrestre, parimenti ci si lamenta quando la demagogia dell’anti-gioco legale colpisce l’on line.

L’ultimo esempio di wi-fi “intelligente” che riconosce il sito di gioco (lecito) e non lo rende accessibile è quello del Comune di Firenze, ma in precedenza anche altre città (ad esempio Bologna), avevano già adottato una tale “selezione”.

Dal punto di vista “giuridico” non si può obbligare il Comune ad allestire una rete wi-fi in grado di rendere “tutti” i siti accessibili, e sicuramente non gli si può rimproverare di introdurre alcune limitazioni di accesso a tutti quei siti che – per legge – presuppongono un utilizzatore maggiorenne per le transazioni, benché in questo caso non si comprenda perché analoga attenzione non sia stata considerata per il profilo della pornografia (anche questa assoggettata alle limitazioni di età).

Ciò che rende “poco seria” la scelta di inibire la “sola rete municipale” ai siti di gioco (e solo quelli leciti, perché per decine di siti non autorizzati si è visto che i filtri adottati non garantiscono l’oscuramento), è la “portata demagogica” dell’iniziativa. Nel dettaglio:

Nelle città di oggi ogni bar, ristorante, pizzeria ha la propria wi-fi a gratuita disposizione dei clienti. Nessun effetto “preventivo” è pertanto concretamente perseguibile.

L’effetto “annuncio” di tale scelta, pertanto, si esaurisce in una manifestazione di “discriminazione economica” nei confronti di un’attività economica autorizzata dalla Stato, unitamente alla agevolazione – incentivazione all’utilizzo di quei siti illegali che sfuggono ai “filtri” municipali.

Se un’azienda acquisisce una concessione statale per dei servizi on line da proporre sul territorio italiano e – in ipotesi – paga anche al Comune dei tributi per l’allestimento di punti terrestri di commercializzazione delle proprie attività sul web, può considerarsi ancora “cittadino” o deve considerarsi “immondizia” ? ( visto che il Comune stesso ne persegue la “proibizione di operatività”).

Discriminazione “innocua” è forse l’espressione più calzante, in quanto al “roboante disconoscimento della cittadinanza insito nell’oscuramento di un sito lecito e allestito pagando una concessione”, si associa la “irrilevanza in concreto” e la sostanziale inidoneità a produrre danni economici (ad eccezione dell’agevolazione, modestissima, e per lo più verosimilmente circoscritta agli impiegati comunali in Ufficio, apportata ai siti di gioco “camuffati”).

Tuttavia, nei Paesi civili a sovranità democratica e giuridica, le “discriminazioni di accesso ai servizi pubblici” non sono valutate sulla base dei pregiudizi che effettivamente possono arrecare, ma sulla base della loro portata dichiarativa e per la lesione al “principio” di uguaglianza.

Con tutti i problemi che ogni Comune annovera, l’esposizione dell’Ente Locale ad una controversia suscettibile di generare risarcimenti morali significativi, motivata da ragioni di mera “simbologia” (il Comune combatte l’azzardo on line) è atto di dubbia utilità, ma anche di irrisoria valenza politico-amministrativa.

Questa è la politica locale, e ne prendiamo atto ogni giorno in modo sempre più informato e consapevole.

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