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L’Industria del gioco lecito: le tappe bruciate dal comparto

8 Marzo 2011

Il gioco lecito in Italia diventa industria. Un passaggio decisamente importante per questo settore, come bene spiega l’editoriale pubblicato sul sito dell’associazione Acadi, www.acadi.it, a firma dell’amministratore delegato di Cogetech, Fabio Schiavolin e che riportiamo nel seguito.

Anno 2011: qual è il più grande problema del gioco lecito in Italia?  Essere diventato un’industria contro i pronostici di molti, o quanto meno, aver bruciato le tappe del suo sviluppo in controtendenza rispetto ai decenni che solitamente caratterizzano i cambiamenti “di sistema” nel nostro Paese.
Parlare del passato e ripercorrere le tappe attraverso le quali in pochi anni si è fatta nascere e crescere una industria che oggi frutta all’erario 9,9 miliardi di euro l’anno di gettito (garantendo all’economia nazionale occupazione stabile ed ingenti investimenti nel comparto), sarebbe naturale e fisiologico per qualsiasi settore industriale, ma non per il gioco lecito.
L’industria del gioco lecito può, a stento, permettersi di guardare al presente, ma vive sopratutto di futuro, concependo una propria dinamica di sviluppo e di confronto con un mercato dall’impressionante velocità. Bruciare le tappe dovrebbe essere considerato un pregio anche se, molto spesso, diviene vitale “fermarsi” a spiegare come funziona il nostro contingente assetto operativo- tecnico – amministrativo – fiscale.
Chi parla di scarsa sicurezza nel gioco ha in mano relazioni datate di anni, mentre la realtà è quella di un sistema che aggiorna continuamente i propri standard e modifica le proprie procedure a cadenza mensile; chi parla di tributi sempre più elevabili nell’ambito dei prodotti di gioco spesso ignora la differenza tra raccolta di gioco e volume di affari (concetto cui si arriva scorporando i premi erogati e gli esborsi effettuati per l’ottenimento e il mantenimento dei diritti concessori).
Chi parla di gioco come ricettacolo di investimenti sospetti, non comprende l’incompatibilità fisiologica tra il classico riciclaggio e le aziende di gioco lecito, caratterizzate da una resa limitata, censita in tempo reale da strutture telematiche dell’Amministrazione Finanziaria, ma soprattutto da una collocazione in griglie di controllo in costante affinamento.
Chi parla di gioco, infine, troppe volte non sa neppure la differenza tra gioco lecito, controllato, certificato e vietato ai minori in ogni sua forma di attività a premio, e il gioco illegale o illecito.
Questo è il contesto in cui un’ industria è chiamata quotidianamente a bruciare tappe (non solo in termini di immissione di nuovi prodotti sul mercato e relativi sistemi distributivi, ma anche a livello di concreti ed ingenti  obiettivi di incasso erariale), senza potersi proporre per quello che è sul palcoscenico aziendale del sistema Paese.
La non conoscenza e il discutibile perbenismo, ancora si impongono con argomenti errati e non aggiornati per patrocinare l’idea che uno Stato serio non dovrebbe organizzare il banco di un grande gioco di sorte ma limitarsi all’organizzazione di comparti più “degni”.
Mi piacerebbe poter spiegare meglio l’arretratezza di tale tesi, ma l’estrema sintesi che caratterizza ogni momento della nostra impresa impone che anche le tante nozioni che mancano alla conoscenza di chi addita il gioco lecito siano condensate in pochi concetti.
Ad una raccolta di gioco che contraddistingue il volume complessivo di accesso ai prodotti di gioco, si accompagna la fase dell’erogazione dei premi. Non esiste prodotto di gioco lecito che non preveda una forma (verificata preliminarmente e monitorata costantemente) di premio garantita al giocatore (e ricordo che siamo arrivati all’85%, e oltre, con le VLT).
Pertanto, sessantun miliardi di euro (di cui il 51% generato dalle sole New Slot) di volume di gioco nel 2010, corrispondono ad almeno  45 miliardi di premi erogati, concretamente, tramite procedure sottoposte a controllo telematico. A ciò si aggiungono i 9,9 miliardi di tributi censiti per competenza di cassa dall’erario e un altro mezzo miliardo di euro corrisposto all’Amministrazione Finanziaria a titolo di aggio “di comparto”.
I 14,5 miliardi di euro residuali costituiscono il vero volume di affari dell’industria gioco, ovviamente sottoposto alle ordinarie forme di tassazione, nel cui ambito operano centinaia di concessionari di Stato (concessionari per la gestione telematica degli apparecchi da gioco, concessionari per la raccolta di scommesse, concessionari per il Bingo, per il gioco on line, per le lotterie), qualche centinaia di migliaia di punti di distribuzione, circa 2.000 aziende di gestione di apparecchi da gioco e diverse decine di aziende di produzione di apparecchi da gioco.
Questa eterogenea moltitudine di operatori, imprese di livello internazionale e medie aziende sottostanno al controllo normativo e disciplinare di AAMS, realizzando il più ordinato e complesso sistema reticolare di gioco lecito del mondo, ad oggi anche imitato e copiato, che però pare “colpevole” di aver sottratto alla criminalità organizzata degli anni ‘90 la gestione delle scommesse clandestine e degli 800.000 videopoker ritenuti censiti sul territorio dalla G.d.F. a tutto il mese di ottobre del 2003.
Questo “mondo” vive su una redditività specifica aziendale dimezzata rispetto alle ordinarie imprese, in quanto alle tasse sui proventi d’impresa si sommano i tributi e gli aggi corrisposti “per gestire” prodotti pubblici su concessione. Nondimeno si riesce ad aumentare i volumi senza che nessun gioco lecito risulti cannibalizzato da altro del portafoglio di giochi pubblici, e senza che ciò comporti attenuazione degli investimenti, i quali, invece, aumentano ogni anno per garantire evoluzione tecnologica, ottimizzazione gestionale, efficienza nei controlli.
Ciò è possibile solo per un fattore: il fattore sistema, ovvero la centralità dell’Amministrazione come organismo di controllo e di regolazione del mercato.
E’ dunque in un contesto “sistemico”, che nasce l’industria del gioco lecito, e che  sviluppa oggi una delle sue più importanti realtà di rappresentanza associativa, l’Area Gioco e Intrattenimento di Confindustria s.i.t., espressione di sintesi di una parte significativa del volume di raccolta, creatasi attraverso un processo di naturale convergenza delle vocazioni industriali del comparto, e caratterizzata da una mission di estrema snellezza: “tutela della legalità e contrasto ad ogni forma di gioco irregolare, tutela del giocatore e del mercato”.
 

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