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Manovra fiscale: inasprimenti degli oneri al settore e deficit di cultura industriale

5 Luglio 2011

In una normale dialettica politica il Governo propone e il Parlamento decide, in un contesto complessivo verosimilmente caratterizzato da un senso di responsabilità accumunante tutti gli attori istituzionali, impegnati a raggiungere quei parametri di bilancio che l’Europa impone all’Italia per non revocarle il permesso di soggiorno nel salotto buono dell’Euro-zona.
Il gioco pubblico, al pari di tutte le industrie di tutti i comparti, soffre pertanto della strutturale mancanza di “normalità”, che caratterizza il Paese e la sua dinamica politica.
Il comparto slot ha il diritto di sentirsi “deriso” da previsioni che offendono il buon senso, quali l’aumento del 50% di un contributo di iscrizione non ancora a regime (50 euro ad azienda), oppure la tassa sul rinnovo del nulla osta, ma non tanto per il “balzello” il se per sé, ma per la irrisorietà complessiva del volume di gettito che si associa a previsioni oggettivamente incidenti sulle dinamiche aziendali dei gestori.
Per meno di 40 milioni di euro si procede ad una operazione di prelevamento forzato sulla filiera gestionale che incide sull’operatività delle aziende, facendone saltare i preventivi di spesa per l’anno in corso.
A ciò si aggiunge che ai gestori non si chiede di finanziare un progetto sociale determinato ma solo di aumentare un gettito generico per un importo complessivo così irrisorio da non consentire neppure una seria protesta organizzata, non essendo certamente concepibile un sollevamento di categoria per 40 milioni di euro, quando alle pensioni dei lavoratori si tolgono miliardi.

Tutto per salvare il PREU? forse; ma se così stanno le cose è evidente che la “base dei gestori” deve iniziare a voltare pagina su molti aspetti della sua professione, comprendendo il reale significato della “slot” in esercizio.
Se è vero che il 70% del volume di gioco è generato dal 30-35% delle awp (così pare), significa che il 50% del parco macchine è gestito al di sotto dei parametri minimali di redditività che ne giustificano il perdurante esercizio.
Alle associazioni è stato chiesto di adoperarsi per far aumentare il parco macchine installabili, e tale risultato sarà ottenuto a breve, ma era veramente questo l’obiettivo da far perseguire in un contesto operativo così poco razionale da un punto di vista finanziario ? Al cospetto dei ristretti tempi per l’iscrizione all’albo si è preteso il compattamento dell’intero settore per una proroga, che è arrivata, portandosi con sé il balzello della nuova quota di iscrizione; non era forse meglio serrare le fila e magari lasciare qualche esercente poco diligente al suo destino di “non iscritto”?
Sarebbe antipatico ricordare che AS.TRO ha sempre cercato di difendere “il contingentamento” come (SEVERO) criterio di logica operativa e di prudenza gestionale, in un contesto in cui si è spronato il gestore a diventare un industriale (concependo la raccolta di gioco come un autentico prodotto d’azienda), e che a fronte di ciò ha ricevuto le censure di chi difende il diritto all’installazione “a prescindere” (anche dalla resa effettiva).
Ora è evidente che si apriranno tanti “nuovi spazi” per tante nuove slot, ma non tutte le realtà aziendali trasformeranno questa situazione in autentica ricchezza produttiva. Le imprese che saranno lungimiranti e comprenderanno qual è il loro vero indice di produttività avranno margini di crescita, quelle che si limiteranno alla “conta degli apparecchi”, rischieranno sempre maggiori costi ed esposizioni sempre più alte.
Un accenno doveroso alla lotta sull’illegalità, ovvero alla stretta fiscale su chi opera al di fuori dei canali autorizzatori con apparecchi e scommesse. Sarebbe bastato analizzare i verbali della g.d.f. relativi ai centri scommesse chiusi per irregolarità e agli apparecchi sequestrati, perché non conformemente collegati, per capire quante centinaia di milioni possono essere recuperati da uno Stato attento ed efficiente, al pari di ciò che accade in tutti gli altri contesti produttivi dove sacche di evasione fiscale resistono, continuando a produrre instabilità previdenziale e diseguaglianza sociale.
La vera sfida per il Paese è questa, e solo accettandola si potrà salvare l’industria, gioco pubblico compreso.

 

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