💥AS.TRO SCRIVE AL FATTO QUOTIDIANO.IT
- astro trattenimento
- 7 lug
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Pubblichiamo di seguito la lettera con alcune considerazioni sui temi affrontati nell’articolo -a cura di Leonardo Bison-, pubblicato il 6 luglio u.s. su Il Fatto Quotidiano.it con il titolo <<Azzardo, è boom: giocati 157 miliardi. La ludopatia tassa occulta sui poveri, ma il governo punta a cancellare le restrizioni>>
"Bologna, 7 luglio 2025
Spett.le Redazione Il Fatto Quotidiano
Alla c.a. del Direttore Responsabile Dott. Peter Gomez
E pc al Dott. Leonardo Bison
Egregio Direttore,
in veste di associazione di rappresentanza delle imprese del gioco lecito (aderente a Confindustria SIT) intendiamo esprimere alcune considerazioni sui temi affrontati nell’articolo -a cura di Leonardo Bison-, pubblicato il 6 luglio u.s. sull’edizione on line de Il Fatto Quotidiano.it con il titolo <<Azzardo, è boom: giocati 157 miliardi. La ludopatia tassa occulta sui poveri, ma il governo punta a cancellare le restrizioni>>, il quale, a sua volta, prende spunto dalla presentazione del “Libro nero del gioco d’azzardo” presentato a Roma il 3 luglio 2025.
Una breve precisazione preliminare: abbiamo letto, proprio sul “Libro Nero del gioco d’azzardo”, che il divieto – o comunque la forte limitazione - alla pubblicazione dei dati riguardanti i volumi economici del gioco legale, sarebbe stato il frutto di un regalo richiesto e ottenuto dalle imprese del gioco. Si tratta di un’affermazione non veritiera.
A tal proposito, ci permettiamo di suggerirvi di indagare sulla genesi dell’art. 1, comma 728 della legge 160/2019 (che, appunto, impone tale limitazione) in modo che possiate prendere e dare pubblicamente contezza del fatto che la paternità di tale disposizione appartiene ad alcuni noti e agguerriti esponenti del fronte proibizionista (rispetto al gioco), il cui proposito dichiarato era quello di rendere inaccessibili alle imprese concessionarie del gioco legale i dati economici riguardanti i singoli comuni perché, temevano costoro, tale conoscenza le avrebbe indotte a modificare, a loro vantaggio, i software degli apparecchi da gioco. Così dimostrando, i fautori di tale divieto (purtroppo ancora vigente), di non conoscere la materia di cui si stavano occupando: le imprese concessionarie, infatti, continuano, come è ovvio, a conoscere perfettamente (e legittimamente) i dati economici riguardanti i loro prodotti. Inoltre, i software di gioco sono soggetti a preventiva omologazione da parte di ADM e sono immodificabili, a meno che non si intenda uscire dal circuito legale (e, quindi, dallo stesso rapporto concessorio).
Come associazione di categoria, ci stiamo ancora battendo affinché venga rimosso tale divieto (che, come detto, è frutto di una goffa eterogenesi dei fini) in modo che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli possa tornare a rendere pubblicamente accessibili tutti i dati riguardanti i volumi economici del gioco legale, soprattutto quelli scorporati per ogni singolo comune italiano.
Per quanto riguarda l’interpretazione dei dati riportati nell’articolo, riteniamo che la stessa meriti alcuni chiarimenti.
Si parla di 157,4 miliardi di raccolta e 21 miliardi di somme perse dai giocatori. Diversamente da quanto l’articolo induce a credere, è solo quest’ultimo dato, e non la raccolta, ad indicare i soldi spesi dagli italiani per il gioco legale. Infatti, la raccolta comprende anche le somme tornate nella disponibilità dei giocatori a titolo di vincite che, fatta la differenza, ammontano a 136,4 miliardi di euro (indicatore, peraltro, che sarebbe stato opportuno riportare nell’articolo per dare un’informazione completa).
Quindi, non appare corretto fare comparazioni - tipo il paragone con la spesa sanitaria o con quanto speso dagli italiani per mangiare – basandosi sui numeri della raccolta anziché sul dato della spesa (che, appunto, è il solo ad indicare le somme definitivamente uscite dal portafoglio dai giocatori).
Ciò significa che, partendo dai 21 miliardi spesi dagli italiani per il gioco, si apprenderebbe, necessariamente, che ogni italiano maggiorenne spende 420 euro annui per il gioco legale, ossia 1,15 euro al giorno.
Se, riprendendo la suggestione indotta dall’articolo, ossia che gli italiani spendono più per il gioco che per mangiare, avremmo, quindi, scoperto che gli italiani spendono per mangiare, giornalmente, meno di 1,15 euro a testa.
Se così fosse, le cause andrebbero ricondotte ad un problema sociale di tale gravità, le cui cause andrebbero, onestamente, ricercate altrove e non colpevolizzando il gioco legale.
Abbiamo anche letto nel “Libro nero del gioco d’azzardo” che in Italia ci sarebbero 800 mila persone affette da dipendenza da gioco (alcuni “esperti”, sempre appartenenti al fronte proibizionista, parlano di 5 milioni, altri di 10 milioni, e via dicendo).
Non esistendo una banca dati ufficiale sul numero di persone affette da tale patologia, sarebbe curioso conoscere il metodo attraverso cui, gli autori del rapporto, hanno ottenuto questo dato.
La sezione “Data Room” della nostra associazione, con il proposito di colmare la grave lacuna dell’assenza di una banca dati ufficiale sul numero di persone in cura per dipendenza da gioco, sta raccogliendo, mediante apposite istanze di accesso civico generalizzato, i dati detenuti da tutte le Aziende Sanitarie presenti sul territorio nazionale. Ebbene, secondo le rilevazioni in nostro possesso (basate su dati certi), le persone prese in cura per tale patologia sarebbero, in Italia, circa 20 mila.
Sappiamo bene che il numero dei pazienti in cura non rappresenta l’esatta dimensione del fenomeno (non tutti i malati, infatti, decidono di rivolgersi alle strutture sanitarie competenti) ma sappiamo anche che l’affidabilità di qualsiasi rilevazione statistica non potrebbe prescindere dall’unico dato certo che è, per l’appunto, quello che emerge dai dati in possesso delle strutture sanitarie competenti.
Egregio Direttore, nessuno vuole negare le problematicità delle implicazioni economiche e sanitarie legate al gioco d’azzardo ma quello che non comprendiamo è il motivo per cui, proprio a fronte dell’importanza di tali implicazioni, il tema continui ad essere affrontato attraverso un uso “parziale” (quindi, strumentale, dei dati), con affermazioni non vere (come quella, riportata nel “Libro Nero” che sarebbero state le imprese del gioco a chiedere la secretazione dei dati economici) se non, addirittura, diffamatorie (come, ad esempio, quella, sempre contenuta nel “Libro Nero”, con cui si afferma – sostanzialmente – che il gioco legale sarebbe da considerare come uno strumento nelle mani della criminalità organizzata).
In questo modo, anziché aprire un proficuo confronto sulle tematiche socioeconomiche correlate al gioco legale, si ottiene soltanto il risultato (forse voluto) di relegare il relativo dibattito entro i confini angusti di una sterile disputa ideologica.
Nel ringraziarLa per l’attenzione accordataci, porgiamo cordiali saluti.
Il Presidente As.Tro – Confindustria SIT
Massimiliano Pucci"

