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LETTERA APERTA ALL'ONOREVOLE ELLY SCHLEIN



Bologna, 7 febbraio 2025


Gentile Onorevole Elly Schlein,


in veste di associazione di rappresentanza delle imprese del gioco lecito (aderente a Confindustria SIT), desideriamo, con la presente, dare il nostro contributo al dibattito che si è aperto a seguito delle Sue recenti dichiarazioni, critiche in merito al processo di riordino del gioco pubblico legale, su cui è attualmente impegnato il Governo in attuazione della legge delega n. 111/2023, la quale ha già trovato parziale attuazione nel D.lgs. 41/2024, riguardante il gioco on line.


Non rientra tra le nostre intenzioni quella di fare una difesa d’ufficio sul merito delle singole disposizioni che il Governo ha già adottato, o che sono ancora in fase di gestazione, nell’ambito del riordino del settore.


La nostra associazione, ad esempio, ha espresso in modo esplicito le proprie critiche rispetto ad una riforma del gioco online che - a nostro parere - rischia di ostacolare l’accesso al mercato delle piccole e medie imprese italiane, mettendo così a rischio la sopravvivenza di quelle aziende (e, di conseguenza, dei rispettivi posti di lavoro) che saranno costrette a chiudere a causa dell’eccessivo costo delle concessioni.



Non possiamo però esimerci dal segnalare che, contrariamente a quanto da Lei sostenuto - e come potrà facilmente verificare mediante la lettura dei relativi testi normativi -, sia la legge delega che il decreto legislativo di riordino del gioco online non prevedono alcuna “moltiplicazione dell’offerta di gioco”: la quantità e la tipologia dei prodotti di gioco consentiti dalla riforma, sia per il gioco online che per quello fisico, resta, infatti, quella già presente nel precedente contesto normativo.


Per quanto riguarda il numero dei punti di offerta del gioco fisico, traspare anzi la chiara intenzione di una riduzione complessiva dell’offerta.


Semmai, il percorso storico della legalizzazione del gioco, avviato in Italia nei primi anni 2000, ha visto una forte accelerata, in termini di moltiplicazione (esponenziale) dell’offerta di gioco, grazie al Decreto Legge n. 223/2006, meglio noto come “Decreto Bersani”.



Pur non condividendola - in quanto inevitabilmente evocativa della nota strategia di tenere la polvere nascosta sotto il tappeto - reputiamo legittima la posizione proibizionista del Partito Democratico (la medesima posizione è presente, peraltro, anche in alcuni settori dell’attuale maggioranza) che, già da alcuni anni, ha individuato nello smantellamento del sistema gioco pubblico legale la soluzione per debellare il fenomeno della dipendenza da gioco.


Quello che, invece, non comprendiamo, è come sia possibile che, proprio in coerenza con questa chiara posizione politica, il Partito Democratico, insieme alle altre rappresentanze del fronte proibizionista, non abbia mai avanzato una proposta di legge per l’abolizione del gioco pubblico legale, limitandosi, invece, ad affidarsi a soluzioni che mirano a smantellarlo in maniera surrettizia, attraverso provvedimenti mirati esclusivamente a provocare la chiusura delle imprese che, nell’ambito del sistema concessorio che regola il settore, esercitano l’offerta legale sul territorio.


Uno di questi strumenti è proprio il c.d. “distanziometro”, da Lei invocato come soluzione salvifica per la tutela della salute dei cittadini, nonostante in questo decennio di applicazione non abbia dimostrato alcun effetto nella lotta alla ludopatia e non vi siano evidenze scientifiche sul fatto che percorrere 501 metri anziché 499 per poter giocare possa rappresentare un deterrente per scoraggiare l’accesso al gioco da parte dei giocatori problematici.


Anzi, già nel 2018, dallo studio presentato dall’Istituto Superiore di Sanità emergeva che <<capillarità e prossimità non sono elementi favorenti la problematicità>>. Il citato studio ha, inoltre, evidenziato come tra le principali motivazioni che muovono il giocatore problematico nella scelta del posto in cui giocare ci sia proprio la “riservatezza” che gli viene meglio garantita nelle zone distanti dai centri urbani e, ancor di più, lontani dai luoghi in cui è radicata la propria vita familiare e lavorativa.


D’altronde, Lei è persona troppo intelligente e preparata per credere seriamente che nell’epoca del digitale, dell’iperconnessione e dell’intelligenza artificiale, i fenomeni di dipendenza possano essere arginati intervenendo sulla distanza fisica tra la persona a rischio di dipendenza e l’oggetto potenzialmente in grado di generarla.


Il “distanziometro” si è rivelato efficace, invece, per espellere dai territori l’offerta legale di gioco che, è inutile nascondercelo, è il solo vero obiettivo di chi auspica l’abolizione del gioco legale ma non vuole prendersi la responsabilità di farlo attraverso una chiara ed esplicita iniziativa parlamentare.



Il motivo di tale mancata assunzione di responsabilità è facilmente spiegabile:


  1. È faticoso trovare argomenti per rendere coerente, al cospetto dell’opinione pubblica e dello stesso Parlamento, la posizione proibizionista sul gioco con la posizione antiproibizionista che si esprime nella volontà politica di legalizzare la cannabis, ripetutamente manifestata dallo stesso fronte che vuole negare ai giocatori l’opzione di rivolgersi ad un canale di offerta legale, lasciandoli così in balia dell’offerta clandestina gestita dalla criminalità.


    L'antiproibizionismo è, infatti, un approccio culturale ispirato da una visione laica e pragmatica della politica e sono proprio questi due elementi -laicità e pragmatismo- a conferire credibilità e coerenza alle scelte che ne conseguono.


    Se, invece, la scelta tra la proibizione e la legalizzazione varia, di una volta, sulla base delle preferenze personali (siano esse di natura etico-ideologica o semplicemente questione di gusti), la serietà delle motivazioni poste a supporto della posizione politica prescelta risulta inevitabilmente compromessa.


  2. È altrettanto faticoso dover indicare pubblicamente quali tasse sarebbero aumentate e quali spese sarebbero tagliate per colmare il buco di bilancio generato dal venir meno del gettito erariale derivante dal gioco lecito che, annualmente, oscilla tra i 10 e i 12 miliardi di euro.


A tal proposito, con il Suo slogan <<i grandi evasori continueranno ad avere sonni tranquilli ma guai a chi toccherà i ricavi sull'azzardo>>, Lei lascia intendere che, se fosse al Governo, individuerebbe le coperture del mancato gettito derivante dal gioco lecito nei proventi derivanti dalla lotta all'evasione fiscale.


La lotta all'evasione fiscale è certamente una priorità ma qualsiasi cittadino di buon senso non può che auspicare che le somme sottratte all'evasione vadano ad incrementare le risorse a disposizione della collettività anziché a coprire una perdita di gettito non congiunturale ma determinata dalla scelta del legislatore di rinunciare ad una voce d'entrata ordinaria.


Occorre, inoltre, tener conto che i motivi che dovrebbero spingere il legislatore a rinunciare al gettito derivante dal gioco lecito, imporrebbero, per coerenza, la rinuncia, da parte dello Stato, anche delle risorse erariale derivanti dalla vendita dei tabacchi e degli alcolici (a proposito: visto che anche gli alcolici e le sigarette generano gravi danni alla salute perché non proibirli, o quantomeno, introdurre il distanziometro anche per i bar, le enoteche e le tabaccherie? Il tema è certamente stimolante e meriterebbe approfondimento).


Tornando alla questione delle risorse erariali, la strategia, utilizzata da tutti i governi che in questi ultimi decenni si sono alternati alla guida del Paese, di contabilizzare i preventivati introiti derivanti dalla lotta all'evasione fiscale (per loro natura soltanto ipotetici) per coprire perdite di gettito certe, non rappresentata, a nostro avviso, un esempio di prudente gestione del bilancio pubblico e, di conseguenza, un buon servizio alla collettività.


Inoltre, Onorevole Schlein, Lei non tiene conto che quegli 11 miliardi l'anno che entrano nelle casse dello Stato attraverso il gioco legale, che Lei sembra considerare soldi "sporchi", rappresentano comunque proventi sottratti alla criminalità.


Per quanto riguarda il numero dei malati, Lei dichiara che in Italia ce ne sarebbero oltre un milione.


Non sappiamo da quale fonte abbia attinto questa informazione, dal momento che non esiste, in Italia, una banca dati ufficiale riguardante il numero complessivo delle persone in cura per la dipendenza da gioco. Questa circostanza rappresenta una grave lacuna che abbiamo ripetutamente segnalato nelle varie occasioni di confronto politico a cui abbiamo partecipato in veste di associazione di categoria. Preso atto della persistenza di tale lacuna, la cui responsabilità è ascrivibile a tutte le forze politiche presenti in Parlamento, la nostra associazione si è di recente attivata per colmarla utilizzando lo strumento dell'accesso civico generalizzato rivolto a tutte le aziende sanitarie presenti sul territorio nazionale.


Le anticipiamo che le proiezioni basate sui numeri (certi) che abbiamo già a disposizione portano ad un risultato di gran lunga inferiore a quello da Lei dichiarato.


Sappiamo bene che il dato riguardante il numero dei pazienti in cura non svela la reale dimensione del fenomeno (non tutti i malati, infatti, decidono di curarsi) è però altrettanto certo che, qualsiasi analisi che ambisca ad offrirne una stima, non possa prescindere dalla conoscenza di questo dato, in assenza del quale ogni valutazione resterebbe ancorata soltanto alle proiezioni visionarie, fondate su analisi percettive, che gli "esperti" di turno mettono a disposizione dei rispettivi referenti politici.



La guerra dei numeri non giova a nessuno, Onorevole Schlein, tantomeno ai malati e alle loro famiglie. Non mettiamo in dubbio la Sua buona fede ma ne abbiamo sentite di tutti i colori da parte di altri esponenti del fronte proibizionista: c'è, ad esempio, chi parla di 5 milioni di persone malate e chi, addirittura, di 10 milioni. Occorrerebbe perciò evitare il rischio che i dati numerici (disancorati da analisi basate su elementi oggettivi) possano diventare uno strumento di propaganda. Detto in altri termini, sarebbe opportuno evitare di relegare il grave problema della dipendenza da gioco entro gli angusti confini delle dispute ideologiche.



Proprio per uscire da questa logica di contrapposizione, auspichiamo l’apertura di un dialogo con Lei e con il Partito Democratico, che ci consenta di trovare un terreno comune su cui costruire le basi per rendere “normale” l’esistenza di un sistema del gioco pubblico legale in un’ottica di equilibrio con l’esigenza di tutela della salute pubblica.



In attesa di un cortese riscontro e ringraziandoLa per l’attenzione accordataci, porgiamo i nostri migliori saluti.


Il Presidente As.Tro – Confindustria SIT


Massimiliano Pucci







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