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Procedura concorsuale infruttuosa: il cessionario può recuperare l’Iva

4 Giugno 2019

In caso di cessione di crediti pro solvendo, se con la chiusura del fallimento l’infruttuosità della procedura è formalmente accertata in via definitiva in capo al soggetto che si è insinuato nel passivo, sotto il profilo sostanziale i suoi effetti si riverberano in capo al cedente che, appunto, con la cessione pro solvendo, è responsabile dell’inadempimento del debitore. Il cessionario può emettere note di variazione in diminuzione dell’Iva ai sensi dell’articolo 26, comma 2, Dpr 633/1972.
Così la risposta 91/2019 dell’Agenzia delle entrate, che concorda con la soluzione interpretativa prospettata dalla società interpellante, la quale, essendo subentrata – a seguito della riorganizzazione del gruppo tedesco di cui fa parte – in tutte le situazioni giuridiche attive e passive che facevano capo alla stabile organizzazione in Italia, chiede se possa emettere note di variazione in diminuzione dell’Iva per recuperare l’imposta originariamente assolta dalla ex stabile organizzazione. Ritiene, infatti, non rilevante la circostanza che chi ha pagato il tributo al momento dell’operazione non sia lo stesso soggetto che si è insinuato nel passivo come cessionario del credito.
L’Agenzia ricorda che, in base al citato articolo 26, se un’operazione fatturata e registrata viene successivamente meno (in tutto o in parte) o si riduce il suo ammontare imponibile, il cedente o prestatore, in linea generale, può effettuare le opportune rettifiche (“variazioni in diminuzione”), emettendo una “nota di credito”, con cui restituisce l’Iva al cessionario, che poi recupera mediante una corrispondente riduzione dell’imposta a debito. A sua volta, il cessionario/committente inserisce lo stesso importo tra l’imposta a debito per controbilanciare la detrazione effettuata a suo tempo.
L’emissione della nota di credito è possibile solo al ricorrere di determinati presupposti e, nel caso di un sopravvenuto accordo tra le parti, al massimo entro un anno dall’operazione. La variazione in diminuzione è possibile, tra l’altro, in caso di mancato pagamento a causa di procedure concorsuali “rimaste infruttuose”; l’infruttuosità deve assumere carattere definitivo, cioè deve essere accertata alla conclusione della procedura, che, nel caso del fallimento, si concretizza con il decreto che dichiara esecutivo il riparto finale o, in alternativa, con il decreto di chiusura (articolo 119 della legge fallimentare).
Nel caso rappresentato, la cessione dei crediti è avvenuta prima delle dichiarazioni di fallimento; per cui, legittimato a insinuarsi nel passivo era il cessionario, come titolare del credito ceduto. Inoltre, trattandosi di una cessione pro solvendo, se con la chiusura del fallimento l’infruttuosità della procedura è formalmente accertata in via definitiva in capo al soggetto che si è insinuato nel passivo, sotto il profilo sostanziale, i suoi effetti si riverberano in capo al cedente che, appunto, con la cessione pro solvendo è responsabile dell’inadempimento del debitore.
Pertanto, conclude l’Agenzia, la circostanza che il soggetto insinuatosi nel passivo sia un soggetto diverso rispetto a quello che ha assolto l’Iva al momento dell’effettuazione dell’operazione non preclude al cessionario di avvalersi della disciplina delle variazioni in diminuzione dell’Iva.

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