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Provvidimenti 'anti slot': due vittorie in Piemonte e una riflessione sul rapporto tra enti locali e gioco pubblico

11 Aprile 2011

Preme informare gli iscritti che, a seguito della proposizione di due ricorsi giurisdizionali al TAR Piemonte, il Sindaco del Comune di Settimo Torinese – con provvedimento emesso in data 7 aprile u.s. – ha revocato la precedente ordinanza 7 febbraio u.s. che limitava le facoltà di utilizzo degli apparecchi da intrattenimento all’interno dei punti di offerta del gioco pubblico (sale giochi, pubblici esercizi, etc.).
 
Per quanto concerne invece i ricorsi proposti avverso il regolamento del Comune di Collegno, segnalo che il TAR Piemonte, con ordinanza n. 203/2011, ha espressamente affermato che tale regolamento non contiene previsioni immediatamente applicabili – dovendo viceversa essere attuato con appositi provvedimenti sindacali (non emanati) – e, pertanto, le limitazioni da esso apportate alle facoltà di utilizzo degli apparecchi da gioco non risultano allo stato operative ed efficaci.
 
Si tratta di due importanti successi per AS.TRO e per gli operatori del gioco lecito che impongono, tuttavia, una meditata riflessione sul rapporto tra enti locali e giochi pubblici anche alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale sui poteri dei Sindaci.
 
In particolare, la revoca dell’ordinanza da parte del Sindaco di Settimo Torinese – analogamente a quanto era accaduto nel corso del mese di febbraio con il Comune di Stresa – testimonia senz’altro il fallimento dell’approccio unilaterale e autoritativo dei primi cittadini in materia di utilizzo degli apparecchi da gioco lecito.
 
Invero, le amministrazioni comunali dovrebbero rendersi conto – attraverso lo strumento della concertazione con le categorie interessate (strumento che AS.TRO, a far data dalla sua costituzione, ha eletto a “stella polare” della propria mission istituzionale) – che la raccolta delle giocate con gli apparecchi di cui al comma 6 dell’art. 110 Tulps costituisce un servizio pubblico (come del resto ribadito dal Consiglio di Stato con la sentenza 23 dicembre 2010) – e non un’attività illecita o pericolosa.
 
Il rischio è quello di confondere il gioco lecito con il gioco illegale e irregolare: il giocatore è forse maggiormente tutelato quando si reca in un esercizio commerciale privo di autorizzazioni, che “smercia” prodotti ludici non disciplinati né regolati dalle autorità italiane e rispetto ai quali non ha tutela in giudizio davanti al proprio giudice naturale? Non sono forse questi gli esercizi che i comuni dovrebbero limitare e chiudere?

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