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Ripartenza del gioco pubblico: alcune riflessioni del dott. Iaccarino (pres. Centro studi AS.TRO)

8 Maggio 2020

Se ne sono sentite e lette tante in questi ultimi giorni sulla riapertura del gioco pubblico. E troppo spesso le affermazioni sono sembrate figlie di un semplicistico pregiudizio contro il gioco, quando non terreno di scontro del mercato politico, senza alcun riferimento alla realtà di questi mesi.

Ricerca del consenso stabile o fondamentalismo di ritorno. Non è questo il momento di riaprire polemiche che dovrebbero fare un passo indietro rispetto ad emergenze di ben altro peso e significatività.

Emergenze dalle quali, dovrebbe essere chiaro, si può uscire solo con il contributo di tutti. Su due temi, però, sento la necessità di una riflessione il più possibile scevra da condizionamenti.

Le imprese del gioco legale non sono e non possono essere considerate un’astrazione teorica. Non sono riconducibili ad una categoria che sommariamente fa di tutt’erba un fascio, come ad esempio quella di una presunta “lobby “.

Le imprese del gioco vivono la realtà economica di questo momento come ogni altra impresa di qualsiasi altro settore.

I lavoratori di queste imprese sono persone reali, con i problemi e le preoccupazioni di tutti; vanno in cassa integrazione, temono per il proprio futuro; i loro figli frequentano le scuole ed hanno gli stessi diritti ad un futuro di ogni altro ragazzo di questo Paese.

Sono persone che, soprattutto, rivendicano una dignità costruita sul lavoro e sulla legittimazione delle proprie aziende, che lo Stato gli ha riconosciuto quando gli ha affidato compiti propri.

Ogni dubbio sui tempi di ripartenza basato su facili moralismi significa lasciare indietro queste persone nella ricostruzione delle proprie condizioni di vita.

Eppure il leitmotiv di questi ultimi mesi è stato quello di non lasciare indietro nessuno. Le aziende del gioco legale, i lavoratori e le lavoratrici che ne fanno parte, sono il primo presidio sul territorio contro infiltrazioni della criminalità organizzata.

È anche e soprattutto per questo che è stato costruito il modello del “gioco legale”, per far recuperare allo Stato parti del tessuto economico altrimenti facilmente preda di consorterie criminali, con le conseguenti forme di controllo del territorio e di sviamento di risorse verso il mondo dell’illegalità.

Nelle congiunture di crisi economica, come quella che stiamo attraversando, questi rischi si moltiplicano per la debolezza delle aziende e riguardano tutti i settori dell’economia nazionale.

Sono ormai quotidiani gli interventi di autorevoli esponenti delle istituzioni, sino anche il Ministro degli Interni, che rappresentano questa situazione come un vero e proprio allarme sociale e che, per il mondo del gioco pubblico, sottolineano la necessità di una rapida riapertura.

Servono, per contrastare l’illegalità, reti che sul territorio diventino gli occhi dello Stato, una sorta di osservatorio della legalità.

Continuare a tenere bloccate le imprese del gioco pubblico equivale a smantellare una di queste reti che già esiste.

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