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Rivoluzionare per “conservare”: il progetto AS.TRO per un futuro di stabilità

18 Settembre 2012

Dopo l’editoriale del nostro Presidente Onorario, mi permetto di approfondire alcuni concetti enunciati dall’amico Mario Negro.

Innanzitutto alcune precisazioni di carattere generale:

  1. nel nostro settore un anno è intenso e dinamico come un decennio, in quanto quasi ogni giorno va rivista e modificata la mappa aziendale dei percorsi di sviluppo, di razionalizzazione dei costi, di ottimizzazione del personale;

  2. nel nostro settore la stabilità non è mai esistita – e non è il caso di sviscerarne adesso le motivazioni –, ma ciò non ha impedito la creazione di aziende strutturate e organizzate; ha solo aumentato la necessità di risorse umane e finanziarie necessarie per la gestione dell’impresa;

  3. la necessità di stabilità che oggi si avverte come condizione essenziale per la sopravvivenza dei cotesti imprenditoriali allestiti, quindi, deriva esclusivamente dall’acuirsi di diverse criticità operative , con le quali si ha a che fare da sempre, ma che si profilano oramai ingestibili.

All’interno di AS.TRO, quindi, non si pensa alla “rivoluzione” per “cambiare tutto”, ma per salvare il più possibile dell’attuale fatturato, rendendolo più remunerativo attraverso l’abbattimento dei costi, o la riforma di alcune procedure.

 
Per “rivoluzione”, poi, altro non si intende se non chiedere ciò che sino ad oggi non c’è mai stato, ovvero la stabile fissazione di una disciplina, valevole almeno per qualche anno, che spieghi come si fa questo lavoro, con quali incombenti, quali margini di ricavo per ciascun segmento della filiera, quali tributi, e quali obiettivi di resa erariale, possibilmente vincolata a precise e inderogabili destinazioni di scopo.
 
Se il gioco non fosse un servizio erogabile al pubblico solo tramite una “concessione a monte”, certe pretese sarebbero infondate, addirittura offensive nei confronti di una “industria-Italia” che nel suo complesso lavora in perdita (se si eccettua Energia, Telefonia, banche e assicurazioni). Il gioco lecito, invece, si poggia sulla devoluzione di prerogative (dallo Stato concedente al privato concessionario, e rispettivi partners), e quindi tali pretese hanno fondamento logico e giuridico.
 
Oggi va di moda parlare di “riforme a costo zero”, e sicuramente in AS.TRO non si pensa di proporre nulla che “costi” allo Stato sacrifici erariali, ma solo concreti sforzi di analisi e grande coraggio tecnico-politico.
 
AS.TRO chiede una Legge dello Stato

  • in cui si trovi una laica quadratura del cerchio tra tutela della rete distributiva (peraltro ampiamente razionalizzabile) e istanze delle comunità locali,
  • che stabilisca un preciso protocollo operativo per il gioco responsabile a carico dell’operatore e dell’utente, assegnando adeguate funzioni a chi certi compiti è chiamato a svolgere a tutela del rispetto di una prestabilita modalità di fruizione del prodotto statale,
  • che stabilisca gli aggi (tendenzialmente fissi) per gli operatori, mettendoli in relazione agli investimenti a cui è chiamato a far fronte per le istituzionali finalità o per le strutturali funzioni a cui l’impresa è votata ,
  • che introduca la tecnologia telematica come unico strumento di attuazione degli incombenti amministrativi e fiscali degli operatori.
  • che salvaguardi la concorrenza (quella vera), consentendo alla sola qualità del servizio di poter esercitare la fidelizzazione del punto vendita, al quale deve essere garantita tranquillità a fronte di serietà.

 
L’utopia e il populismo che alcuni si ostinano a ravvisare in certe proposte si scontra con la realtà del nostro Paese, in cui la più grande industria produttiva dichiara di non smobilitare solo per amor di Patria, dove le Banche si stanno trasformando in agenzie di pegno pur di non perdere il mercato del micro-credito a tassi spaventosi, dove la vita – media di un pubblico esercizio di modesta caratura commerciale non supera i due anni.
 
Ad alcuni potrà sembrare una sorta di “socializzazione reale” del gioco lecito, una ingessatura del sistema offensiva per la creatività aziendale e per la libertà dell’iniziativa privata. A parte la non piena operatività di tali “nobili” profili nell’ambito delle attività svolte su base concessoria, l’accusa va respinta per due motivi:

  • da un lato, la “c.d.” libertà attuale è foriera di devianze anarchiche oramai inquinanti il sistema della concorrenza di prossimità, e non lascia più molto margine alla imprenditoria virtuosa, esaltando, invece, pratiche di dissipazione che l’azienda virtuosa non dovrebbe neppure concepire;
  • dall’altro, è chiaro a tutti che per fare il gestore di awp occorre spendere ogni giorno per curare il parco macchine, e senza una “rivoluzione” che stabilizzi i criteri secondo i quali i denari entrano ed escono, si rischia di ritrovarsi senza le risorse necessarie a mantenere l’azienda.

 
Tra otto-nove anni, poi, quando, verosimilmente, saremmo al cospetto di una situazione diversa (ripresa economica o povertà cronica), allora si tireranno le fila di una esperienza che avrà, nel frattempo, garantito 4 nobili risultati:

  1. Il mantenimento di un sistema gioco lecito in grado di combattere l’offerta non autorizzata e fiscalmente clandestina, attraverso un servizio sicuro e controllato reso da aziende preparate anche a responsabilizzare l’utenza (e ciò è possibile solo se l’alea dell’utile si attenua);
  2. Il mantenimento di un gettito costante per finanziare cultura e sanità.
  3. La progressiva bonifica del contesto imprenditoriale.
  4. La creazione di una cultura laica del gioco lecito, in cui tanto il pensionato quanto lo studente abbia la padronanza civica e cognitiva del gioco di sorte.

Oggi tutto è possibile, perché l’attuale crisi economica ha messo in discussione tutti i parametri di riferimento che eravamo abituati ad adottare. Solo adesso, quindi, si può allestire una grande progetto che, in fondo, altro non è se non una scommessa che il settore deve saper affrontare puntando solo sulla propria vittoria.
Chi pensa che senza cambiamenti il presente sia in grado di traghettare la più colossale crisi globale dell’ultimo mezzo secolo, rischierà di sentirsi dire “AS.TRO ti aveva avvisato”.

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