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Sistema italiano del gioco lecito: servono regole nuove per garantire equilibrio e stabilità

5 Aprile 2011

Un antico “adagio” rivela che il bisogno di regole sempre nuove e in numero sempre maggiore tradisce la scarsa “maturità” di un contesto, ovvero la sua incapacità a trovare interni e fisiologici momenti di equilibrio e buon senso, che consentano alla regolamentazione già vigente di rispondere “nel tempo” alle esigenze di disciplina e controllo di un sistema. In Italia, tuttavia, anche le consolidate verità soffrono delle mille sfaccettature caratterizzanti il modo sempre più originale e variopinto in cui imprese, Amministrazioni, Istituzioni, Partiti, Sindacati, Magistrature, Organi di informazione, ritengono di affacciarsi sul rispettivo campo d’azione.
Ad essere onesti, quindi, si potrebbe sostenere che ogni comparto italiano soffre di una naturale spinta verso la razionalizzazione del proprio contesto regolamentare, contrastata da una contro-spinta reazionaria che, nel caos determinato dalla obsolescenza della disciplina vigente, ha trovato una accettabile stabilità. Il gioco pubblico non fa eccezione, confermando, anche in questo aspetto, il suo carattere di industria del “Paese”.
Tuttavia, il gioco pubblico è diventato talmente rilevante per un numero così elevato di profili, da meritare sicuramente un attenzionamento istituzionale finalizzato a sottoporlo alla disciplina di un codice “particolare”. Il gioco lecito, forse, non può più permettersi di accedere agli ordinari strumenti giuridici, e deve anche trovare il modo di concepire differentemente il proprio rapporto con la giuridisdizione ordinaria.
Se il gioco pubblico discende da un atto di progressiva devoluzione di poteri, che inizia dallo Stato e prosegue verso una Diramazione Ministeriale, poi un Concessionario, poi un operatore abilitato a collaborare col Concessionario, sino al punto di gioco e all’utente finale (sottoposto anch’esso al dovere di rispetto del regolamento di gioco), è evidente che non ha più senso la commistione attuale tra diritto pubblico e diritto privato, il primo regolamentante i rapporti tra soggetti a rilevanza pubblica, il secondo regolamentante i rapporti interni di filiera. Tutto deve rientrare in un unico codice di leggi amministrative, ispirato a una nuova e innovativa regola: l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (ovvero l’Agenzia all’uopo individuata dal M.E.F.), deve essere l’Ente che stabilisce tutto ciò che attiene alla vita del prodotto di gioco, senza alcuno spazio residuo per privati accordi di natura civilistica. Ogni rapporto deve essere definito in termini di conformità ad un modello, ogni abilitazione all’installazione o distribuzione di gioco deve discendere solo e esclusivamente da autorizzazione dell’Ente Centrale Unico per il gioco lecito, indipendentemente dalle diversificazioni delle “culture locali”. Il gioco pubblico è un “genere di monopolio”, e come tale va trattato, sempre, comunque e ovunque. Solo così potrà essere facilmente distinto dal gioco non autorizzato, e solo così si dipaneranno le nebbie che ancora circondano le mille prassi commerciali e le mille interpretazioni ancora in atto sulla libertà di circolazione europea dei servizi.
Questa impostazione del tanto agognato testo unico sul gioco (invocato anche da chi non ne comprende il significato), susciterà le perplessità dei sopradescritti “reazionari”, preoccupati di perdere il loro (peraltro precario) equilibrio, ed evocherà le riserve degli europeisti dei “punto com”. Tuttavia, ogni resistenza potrà essere rimossa e superata sulla base di elementare principio: il diritto dello Stato a considerare il gioco lecito come “suo” bene, rilevante sotto il profilo della salute pubblica, dell’ordine pubblico ed economico, della sicurezza, e (infine) delle entrate erariali. Di una tale “ristrettezza” di margini di manovra soffriranno le aziende senza pianificazione a lungo termine, ma ne beneficeranno tutte le imprese strutturate che potranno mettere a bilancio i punti di gioco serviti come autentiche forniture pubbliche, incrementando di gran lunga il loro valore aziendale.

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