Tar Toscana, Pucci: “Il settore del Gioco chiede normalità”
Dal Tar Toscana arriva un punto di vista assolutamente inedito sull’annosa questione del distanziometro: le sale da gioco sono obbligate a rispettare le distanze minime dai luoghi sensibili, ma lo stesso obbligo ricade anche su chi gestisce spazi potenzialmente “sensibili”: “Il rispetto della distanza minima deve essere reciproco – si legge nella sentenza- e quindi dovuto anche da parte di una nuova attività, aggregativa di soggetti potenzialmente vulnerabili, che pretenda d’insediarsi all’interno della fascia di rispetto”.
Ragionando diversamente, verrebbe “irragionevolmente pregiudicato il diritto costituzionalmente tutelato” del gestore di “svolgere liberamente la propria attività imprenditoriale già in precedenza assentita, oltre che disconosciuti i principi di certezza del diritto e di affidamento nella stabilità delle situazioni giuridiche”.
“La sentenza del Tar Toscana stabilisce che siamo un settore normale, come gli altri. Finalmente si afferma un principio di civiltà giuridica: se qualcuno intende aprire un nuovo esercizio considerato “luogo sensibile” al di sotto della distanza dalle sale giochi fissata dalla normativa dovrà rispettare la distanza minima e non sarà l’impresa di gaming, già precedentemente autorizzato, a dover soggiacere alla regola.
Non è possibile, ad esempio, che l’apertura successiva di un negozio di “Compro oro” che magari paga poche migliaia di euro di affitto – o è il frutto dell’investimento ‘sleale’ della concorrenza – faccia chiudere una sala giochi con decine di dipendenti e milioni di euro di investimenti”. E’ iI commento di Massimiliano Pucci, Presidente Astro, alla sentenza del giudice amministrativo toscano.
“Spero che la decisione del Tar, quanto è avvenuto in Puglia con la modifica della legge regionale e, magari, un ripensamento del ministro Di Maio possano farci considerare a pieno titolo un settore economico “normale”. Intendiamoci, non vogliamo e non possiamo impedire alla politica di esprimere un giudizio sul comparto però bisogna avere il coraggio di decidere: o si abolisce il gioco pubblico, o si decide di regolamentarlo garantendo agli operatori le stesse prerogative garantite agli imprenditori di altri settore economici”.
“Non è un Paese normale – ne illuminato- quello in cui il Ministro dello sviluppo economico, per finanziare il proprio programma politico, porta la tassazione del settore a livelli mai raggiunti prima e, contemporaneamente, condanna quello stesso settore al pubblico ludibrio disattendendo i più elementari principi garantiti dalla nostra Costituzione: siamo stati tacciati di essere gli untori di questo Paese, ma le priorità che gli italiani chiedono vengano affrontate sono altre.
Se vogliono abolire questo settore, lo facciano: gli operatori possono essere anche pronti a cambiare lavoro ma non è un merito stringere tra le morse un settore che produce posti di lavoro, ricchezza per il Paese e tiene a bada la criminalità in un segmento delicato come quello del gioco. Basterebbe riflettere su quello che sta accadendo in Piemonte: il proibizionismo sta consegnando il territorio nelle mani della criminalità come dimostrano le ultime incheste condotte dalle Forze dell’ordine”, conclude Pucci.